Casa depositi e prestiti (Cdp), il fondo australiano Macquaire ed Open Fiben dicono stop al Memorandum of Understanding (una sorta di lettera d’intenti per lavorare ad un accordo) che coinvolge Tim e il fondo statunitense Kkr e che sarebbe dovuto sfociare in un’offerta a Tim per la rete a banda larga. I tre soggetti manifestano quindi sin d’ora “piena disponibilità a partecipare al tavolo di lavoro” del governo sulla rete unica. Dopo quanto comunicato ieri dal governo, spiegano in una nota congiunta, “in relazione alla creazione di un tavolo di lavoro per la definizione delle migliori soluzioni di mercato in prospettiva della Rete Nazionale, tenuto conto della rilevanza di sistema dell’operazione, anche rispetto ai processi autorizzativi sottesi, ritengono opportuno soprassedere alle scadenze previste dal Memorandum of Understanding relativo al progetto di integrazione tra le reti di Tim e Open Fiber sottoscritto in data 29 maggio 2022 anche con Tim e Kkr”.

Traduzione: il piano a cui ha lavorato sinora la Cdp (braccio finanziario del Tesoro che gestisce i risparmi postali degli italiani) a guida Dario Scannapieco finisce nel cestino e il governo Meloni riporta la partita alla casella di partenza. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha più volte palesato l’intenzione di mantenere l’infrastruttura della rete, strategica, sotto controllo pubblico e di vendere altri asset di Tim per fare casse ed abbassare il debito lordo da 25 miliardi di euro. Debito che è una sorta di spada di Damocle che assorbe risorse e diventa più gravoso con l’aumento dei tassi. Debito che è stato via via caricato sulla compagnia dalle varie operazioni corsare di conquista, a cominciare da quella capitanata da Marco Tronchetti Provera nel 2001. Tim oggi appartiene soprattutto al gruppo francese Vivendi, primo azionista con il 23,7%. Il secondo azionista è appunto Cassa depositi e prestiti con in portafoglio il 9,8% della società. Cdp è però anche il primo azionista con il 60% di Open Fiber (l’altra società italiana di rete in fibra) il cui altro socio è il fondo Kkr con il 40%. Oggi la Cassa avrebbe dovuto consegnare la sua offerta non vincolante per rete di Tim.

Da questo ingarbugliato intreccio di partecipazioni palazzo Chigi vorrebbe sbrogliare una rete unica nazionale. L’operazione però costa anche perché i francesi chiedono circa il doppio (30 miliardi) rispetto a quanto Cdp è disposta ad offrire per la rete. Così si era fatta strada un’ipotesi più radicale, offerta pubblica di Cdp su tutta Tim (la società costa “poco”, 4,6 miliardi la capitalizzazione, ma chi la compra si carica anche il debito) e poi vendita degli asset ad esclusione della rete. “Lo Stato deve aver il controllo sulla parte di rete che è di interesse strategico. Questa forma di controllo si può esercitare in tanti modi.

Il problema di Tim è che è integrata verticalmente e una parte deve essere messa sotto il controllo pubblico, è un passaggio complicato”, ha dichiarato in questi giorni, il ministro Giancarlo Giorgetti che mostra diffidenza verso l’ipotesi offerta pubblica dovendo fare i conti con le risorse a disposizione. Una rete unica potrebbe inoltre sollevare qualche problema di concorrenza con Bruxelles. on un disegno chiarissimo insomma, perché poi bisogna fare i conti con le risorse a disposizione. Due giorni fa i sindacati hanno incontrato il governo per fare il punto della situazione. “Il governo stasera non ci ha dato alcuna risposta. Noi abbiamo ribadito che, invece, vogliamo una risposta precisa e abbiamo ribadito quella che è la nostra posizione indicando la necessità di agire in tempi rapidi”, ha affermato al termine dell’incontro il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.

“Il Memorandum per la rete unica, non si è afflosciato per il volere del governo, ma mancavano condizioni economiche“, ha affermato stamane il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessio Butti, parlando a un convegno sul 5G. “Parlare ora di opa totalitaria è fantasia”, ha aggiunto. Sull’ipotesi di un’opa parziale su Tim “gli strumenti evidentemente saranno individuati, ma quando leggo di opa totalitaria, dico nessuno ne ha mai parlato, questo mi sembra abbastanza evidente”, ha concluso Butti. Dopo queste affermazioni il titolo ha accelerato la discesa in borsa dove perde oltre il 5%. Oggi è in programma il consiglio di amministrazione della compagnia.

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