Tutto è partito da un divario. Tra figli desiderati e figli avuti: in Italia la media per ogni donna è rispettivamente due e 1,25. L’età media femminile alla prima gravidanza si sposta inoltre sempre più avanti con il passare delle generazioni. Eleonora Voltolina, giornalista e fondatrice della Repubblica degli Stagisti, ha iniziato da qui per avviare The Why Wait Agenda, un progetto che indaga il tema della genitorialità e che cerca di capire cosa si può fare per non rimandarla a quando ormai è troppo tardi. La prospettiva laica e pro-choice. Quasi un inedito nel panorama: “La narrazione sulla natalità è spesso cattolica e antiquata. Ci teniamo a discostarci da questo punto di vista. Le donne che non vogliono avere figli fanno benissimo a non averne. Il valore fondante di una famiglia è la libera scelta”, spiega.
The Why Wait Agenda è composto da un sito e da un podcast. I principi chiave del progetto sono quattro. Il primo è l’informazione: “Sulla gravidanza e sulla fertilità. Vorremmo creare una comunità che sia anche spazio di confronto e occasione per scambiarsi esperienze”, continua Voltolina. “Ci sono tabù da scardinare. Molte persone si vergognano di dire che ricorrono a un aiuto medico per avere un figlio, ma perché dovrebbe essere motivo di imbarazzo?”. Il secondo punta a cambiare la cultura familiare, spesso incastrata in ruoli stereotipati: “Sensibilizzare sulla parità di genere aiuterebbe prima di tutto le donne, ma anche gli uomini. Il padre inteso in senso strettamente tradizionale si perde molto dei propri figli, è assente. La genitorialità condivisa sarebbe un beneficio anche per lui”. Il terzo aspetto chiede un intervento sulle leggi che disciplinano questa materia, trasversale: “Lavoriamo perché il congedo di paternità sia allungato il più possibile. Vorremmo fosse di uguale misura per madre e padre”. La strada è lunga, dato che al momento in Italia gli uomini hanno diritto (solo) a dieci giorni obbligatori. Si tratta di uno dei valori più bassi a livello europeo. Al polo opposto c’è la Finlandia, il cui governo ha riformato il congedo parentale in settembre: 160 giorni per ogni genitore, di cui 63 trasferibili al partner o a un altro caregiver.
“Crediamo inoltre che l’accesso alla fecondazione assistita dovrebbe essere aperto anche a persone omosessuali o single. La scelta di riservarlo a coppie eterosessuali conviventi o sposate ci appare ideologica”, prosegue Voltolina. E infine, il quarto obiettivo punta a un intervento sui servizi: “Che non ci sono. I bonus aiutano, ma sono sporadici e legati al reddito o all’Isee. Serve intervenire sul numero di posti disponibili negli asili, sul vuoto successivo all’orario scolastico: quanti genitori fanno un lavoro che consente di andare a prendere i propri figli alle 16? I nonni o le baby sitter salvano le singole famiglie, ma il fatto che rappresentino l’unica scelta disponibile condanna l’Italia come Paese. Non è possibile basarsi solo sulla buona volontà dei singoli”. Il governo Meloni ha reso il ministero delle Pari opportunità e della Famiglia anche della “natalità”. A guidarlo c’è Eugenia Roccella. Ex radicale, autrice del libro “Aborto: facciamolo da noi”, poi protagonista di un cambio di rotta che l’ha condotta su marcate posizioni anti-abortiste. “Le parti conservatrici della politica si sono appropriate di questa battaglia da decenni. C’è addirittura chi sostiene il ‘natalismo’, una dottrina che chiede ai cittadini di fare tanti figli per ‘proteggere’ la razza dagli stranieri”. Oltre a questa deriva, Voltolina individua altri due punti da affrontare: “Le destre reagiscono al problema dell’inverno demografico impedendo alle donne di evitare le gravidanze. Quindi, rendendo più difficile l’accesso agli anticoncenzionali, alla programmazione familiare e all’aborto stesso. Lasciando così le donne in difficoltà se si trovano incinte senza averlo desiderato: nulla di più sbagliato. Viene meno il principio della libertà di scelta, che come ho detto sta alla base del mettere su famiglia”. E l’altro punto? “La decisione di avviare politiche solo per aiutare la madre. I figli si fanno in due. Di nuovo: la genitorialità condivisa”.