Non c’era ancora il Pd: ex comunisti da una parte e ex dc dall’altra. Era il tempo delle candidature, annunciate le elezioni, e tutti i parlamentari avevano lasciato Roma. A Montecitorio, oramai svuotato, trovai seduto sulla poltrona che segna le vetrate del Transatlantico l’onorevole Gerardo Bianco, pensieroso.
Avevo con lui una confidenza più profonda che con gli altri deputati, forse per via delle comuni radici anagrafiche. Mi chiamò e mi disse: “Non mi vogliono ricandidare”. Gli risposi: “E sei dispiaciuto? Sei stato ministro, segretario di partito e deputato per tante legislature. Farai altro, finalmente”. Replicò: “Sai qual è la mia paura? Che non sappia vivere senza politica. Senza questo Palazzo temo di morire. Sono qua dentro da molto tempo, ormai sono come queste colonne di marmo, sono un elemento di arredo”.
Sorrise, compiacendosi della capacità di ironizzare su sé stesso, e illustrare così le proprie ansie e i dispiaceri.
Non è stato più ricandidato ma è sopravvissuto lo stesso, consumando anni felici, al suo Palazzo.