Oltretevere non si registra nessun passo indietro rispetto alle dichiarazioni di Francesco ad America Magazine, e soprattutto nessuna smentita delle sue affermazioni. Sicuramente la diplomazia vaticana ha cercato di disinnescare sul nascere un’eventuale crisi diplomatica. La sensazione, però, è che il Cremlino stia da tempo giocando una doppia partita: da un lato si dice disponibile alla mediazione, dall’altro non sembra davvero disposto a sedersi al tavolo
“Quando parlo dell’Ucraina, parlo di un popolo martirizzato. Quando c’è un popolo martirizzato, c’è qualcuno che lo martirizza. Quando parlo dell’Ucraina parlo della crudeltà, perché ho molte informazioni sulla crudeltà delle truppe che entrano. Generalmente i più crudeli sono forse quelli che vengono dalla Russia, ma non dalla tradizione russa, come i ceceni, i buriati, e così via. Di certo, a invadere è lo Stato russo. È molto chiaro. A volte cerco di non specificare per non offendere e piuttosto condanno in generale, anche se è ben noto chi sto condannando. Ma non è necessario che io dica nome e cognome”. Le parole di Papa Francesco alla rivista dei gesuiti statunitensi America Magazine hanno suscitato forti reazioni di protesta da Mosca. Il ministro degli esteri Sergei Lavrov le ha bollate come “non cristiane”, con riferimento in particolare al passaggio sui ceceni e i buriati: “Papa Francesco chiede negoziati, ma recentemente ha anche fatto una dichiarazione incomprensibile, per niente cristiana, individuando in due nazionalità della Federazione russa una categoria da cui ci si possono aspettare atrocità durante le ostilità”, ha affermato.
Lavrov, inoltre, ha sottolineato che la Russia, così come la Buriazia e la Cecenia separatamente, hanno reagito a questa dichiarazione e ha espresso la speranza che ciò non accada di nuovo: “Il Vaticano ha detto che ciò non si ripeterà e che probabilmente c’è stato un malinteso, ma questo non aiuta ad aumentare l’autorità della Santa Sede”. Parole che erano state precedute da quelle della sua portavoce, Maria Zakharova, che aveva definito le affermazioni del Papa “una perversione della verità”, più che una “russofobia”. Immediata è stata anche la protesta formale in Vaticano dell’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Alexander Avdeev: “Ho espresso indignazione per tali insinuazioni e sottolineato che niente può far vacillare la coesione e l’unità del popolo multinazionale russo”. La Segreteria di Stato vaticana si è subito attivata per evitare la crisi diplomatica, precisando che il Papa non intendeva in alcun modo offendere i popoli della Russia.
Resta, però, una domanda: il Vaticano si è davvero scusato con il Cremlino per le parole del Papa, così come affermato da Lavrov? Oltretevere non si registra nessun passo indietro rispetto alle dichiarazioni di Francesco ad America Magazine e soprattutto nessuna smentita delle sue affermazioni. Sicuramente la diplomazia vaticana ha cercato di disinnescare sul nascere un’eventuale rottura delle relazioni diplomatiche. La sensazione, però, è che il Cremlino stia da tempo giocando una doppia partita: da un lato, e soltanto recentemente, si dice disponibile alla mediazione della Santa Sede, mentre dall’altro non sembra davvero disposto a sedersi al tavolo delle trattative, forse per paura di un accordo di pace al ribasso. Da parte sua, Francesco non ha smesso di intensificare i suoi appelli quotidiani per la fine della guerra, chiedendo che sia concessa “la pace al mondo intero, specialmente in questo momento alla cara e martoriata Ucraina, sempre nel nostro cuore e nelle nostre preghiere”. Appelli e gesti che si intensificheranno nelle prossime settimane alla vigilia di quello che il Papa ha definito più volte il primo Natale di “guerra totale” in Europa dopo il secondo conflitto mondiale.
Bergoglio ha recentemente ribadito la disponibilità della Santa Sede a mediare per la fine della guerra in Ucraina. Fin dall’inizio del conflitto, infatti, il Papa ha lavorato su due piani paralleli: diplomatico, per la fine immediata della guerra, e umanitario, con l’invio in Ucraina di due cardinali, Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e Konrad Krajewski, prefetto del Dicastero per il servizio della carità, per portare aiuti concreti. Due percorsi che non si sono mai interrotti e che sono stati sempre accompagnati dagli appelli di Francesco per la pace, intensificatisi quando si è aggiunta anche la minaccia di una guerra nucleare. “Il secondo giorno della guerra”, ha affermato Bergoglio ad America Magazine, “sono andato all’Ambasciata russa presso la Santa Sede, un gesto insolito perché il Papa non va mai a un’ambasciata. E lì ho detto all’ambasciatore di riferire a Vladimir Putin che ero disposto a viaggiare a condizione che mi concedesse una piccola finestra per negoziare. Sergei Lavrov, il ministro degli Esteri, ad alto livello, ha risposto con una lettera molto gentile, dalla quale ho capito che al momento non era necessario. Ho parlato due volte al telefono con il presidente Zelensky. E in generale lavoro ricevendo elenchi di prigionieri, sia prigionieri civili sia prigionieri militari, e li faccio inviare al governo russo; e la risposta è sempre stata positiva. Ho anche pensato di viaggiare, ma ho deciso: se viaggio, vado a Mosca e a Kiev, in entrambe, non solo in una. E non ho mai dato l’impressione di coprire l’aggressione. Qui ho ricevuto, tre o quattro volte, una delegazione del governo ucraino. E lavoriamo insieme. Perché non menziono Putin? Non è necessario; si sa già. Tuttavia, a volte le persone si attaccano a un dettaglio. Tutti conoscono la mia posizione, con Putin o senza Putin, senza menzionarlo”.
Francesco, inoltre, ha ricordato che “alcuni cardinali si sono recati in Ucraina: il cardinale Czerny c’è stato due volte; l’arcivescovo Gallagher, che è responsabile dei rapporti con gli Stati, ha trascorso quattro giorni in Ucraina e ho ricevuto una relazione su ciò che ha visto; e il cardinale Krajewski è andato quattro volte. Va con il suo furgone pieno di cose e ha trascorso l’ultima settimana santa in Ucraina. Intendo dire che la presenza della Santa Sede con i cardinali è molto forte, e sono in continuo contatto con persone in posizioni di responsabilità. E vorrei menzionare che in questi giorni ricorre l’anniversario dell’Holodomor, il genocidio commesso da Stalin nei confronti degli ucraini (nel 1932-1933, ndr). Ritengo che sia giusto ricordare un precedente storico del conflitto attuale. La posizione della Santa Sede è quella di cercare pace e un’intesa. La diplomazia della Santa Sede si sta muovendo in questa direzione e, naturalmente, è sempre disponibile a mediare”.
Eppure c’è chi, dentro e fuori la Curia romana, ha accusato Bergoglio di aver parlato poco della guerra in Ucraina e comunque di averlo fatto in modo inefficace. Accuse ingiuste che hanno fatto soffrire non poco il Papa che, come è sotto gli occhi di tutti da sempre, si è speso fin dalla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina per scongiurare questo conflitto. Ma Francesco ha anche voluto evitare che il conflitto in Europa potesse trasformarsi in una guerra santa, in particolare all’interno del cristianesimo con il mondo ortodosso russo. Da qui, la volontà di mantenere aperto il dialogo con il Patriarcato ortodosso di Mosca, benché su posizioni diametralmente opposte. Da parte russa, però, almeno finora, le risposte agli appelli concreti del Papa e della Santa Sede sono state poco credibili.