“Dal whisky ‘Cosa nostra’ in Scozia al caffè ‘Mafiozzo’ in Bulgaria: così cibo e bevande mafia style danneggiano il made in Italy”
Sempre più prodotti nel mondo vengono battezzati con termini che strizzano l'occhio alla criminalità organizzata. La denuncia di Coldiretti che insieme a Filiera Italia ha organizzato una manifestazione a Palermo per chiedere alle istituzioni di vietare questo tipo di speculazione
Whisky,
condimenti, caffè e tanto altro: decine di prodotti, nel mondo, acquisiscono nomi legati a
termini mafiosi. È una strategia di marketing, con cui si tenta di rendere il prodotto più accattivante. Ma che secondo
Coldiretti crea un grosso
danno dell’immagine al Paese e ai prodotti
made in Italy. A denunciare il “
mafia style” è infatti l’associazione dei coltivatori che insieme a
Filiera Italia ha organizzato una manifestazione a
Palermo.
Un evento durante il quale sono stati esposti i casi più clamorosi di prodotti con nomi legati a termini criminali. In Scozia, ad esempio, viene prodotto il whisky “Cosa Nostra”, confezionato in una bottiglia a forma di mitra con caricatore a tamburo, che ricorda quello degli anni di Al Capone e Lucky Luciano. Ma c’è anche il “Mafiozzo“, caffè che si beve in Bulgaria, il “Fernet Mafiosi“, un liquore prodotto in Germania, dove le bottiglie sono rese più “accattivanti” con il disegno di un padrino. E sempre in terra tedesca si produce anche il Mafia Coffee Rub Don Marco’s, un condimento per carne rossa. Tra gli esempi più assurdi c’è la vendita, in Gran Bretagna, delle spezie “Palermo Mafia shooting“, a Bruxelles c’è la salsa “SauceMaffia” per condire le patatine e la “SauceMaffioso“, mentre in America, nel Missouri, si vende la salsa “Wicked Cosa Nostra”. Su internet, continua la Coldiretti, è poi possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook” o comprare caramelle sul portale candymafia.com.
Il problema è che non si tratta di casi isolati. La vendita di prodotti agroalimentari a cui vengono attribuiti nomi di mafiosi, criminali ed episodi drammatici, è diventato un vero e proprio
business, che si affianca allo sfruttamento economico del
Made in Italy. “Danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori”, dicono dalla
Coldiretti. Col presidente
Ettore Prandini che ha spiegato come questa denuncia abbia l’obiettivo di chiedere alle istituzioni di vietare questo tipo di speculazione.
Il business legato alla vendita di prodotti con nomi legati alla mafia vale milioni di euro e la Regione che in risente di più, in termini di danni d’immagine, è ovviamente la Sicilia: “L’Isola esporta soltanto 2 miliardi di euro in termini di valore commerciale di prodotti agroalimentari. Nulla rispetto a ciò che potrebbe esser in grado di fare: servono grandi investimenti anche di carattere infrastrutturale ed è proprio il lavoro che Coldiretti sta facendo con i governi che si sono succeduti in questi anni – ha spiegato Prandini – ma partiamo anche dalla denuncia, forte, del nome ‘’mafia’’ legato all’agroalimentare. Ci stiamo impegnando a livello europeo per ottenere una norma che vieti di commercializzare dei prodotti agroalimentari, che con il nostro Paese non hanno nulla a che fare”.