Lo scienziato 81enne, prossimo alla pensione, si è raccontato nel corso del ricevimento organizzato per lui presso l'ambasciata italiana a Washington. "Tra i presidenti che ha fatto di più per la sanità c'è stato George W. Bush", ha detto, e ha definito Reagan "una persona davvero perbene". Duro il giudizio sul tycoon
“Ho lavorato con 7 presidenti e sono stato educato ad avere rispetto per le istituzioni. Ma quando ho sentito Trump dire ‘il Covid scomparirà magicamente in breve tempo’, o ‘lo si debella con la varechina’, ho sentito il dovere di intervenire. C’erano in ballo vite umane e gli Usa hanno avuto più di un milione di morti per la pandemia: sono stato considerato una talpa infiltrata per conto di Pelosi. Ma non mi spavento, sono di Brooklyn“. Antohony Fauci è il volto iconico della lotta alla pandemia negli Stati Uniti, che ha affrontato durante l’amministrazione dell’ex presidente repubblicano. È stato quello il momento “periodo peggiore” della sua carriera da scienziato, quando “per il grande rispetto verso l’ufficio della presidenza” smentì la promozione da parte di Trump di un anti malarico contro il Covid e assicurò che la pandemia sarebbe sparita magicamente da sola. Fauci, 81 anni, italo-americano, si è raccontato nel corso di una cena offerta dall’ambasciatrice italiana in Usa Mariangela Zappia nella sua residenza di Villa Firenze per il suo annunciato pensionamento. Una cena che non ha potuto assaggiare per tenere la mascherina dopo che la moglie è risultata positiva poche ore prima. “Seguo il protocollo“, ha spiegato, prima di rispondere alle domande dello scrittore Antonio Monda. Fauci ha rievocato le sue origini nel nostro Paese (nonni siciliani e napoletani), l’infanzia a Brooklyn nella zona di Bensonhurst, “dove il 99,98% erano italo-americani e dove non ho mai conosciuto un irlandese prima delle elementari”, l’eredità di una famiglia “non materialistica” e di una comunità inclusiva votate “ad aiutare gli altri”.
“Aspettiamoci nuove pandemie” – Guardando al futuro, poi, Fauci è convinto che il Covid non appartenga al passato. “No – ha detto – è passato solo il momento più acuto della crisi. I vaccini fanno la loro parte, ma i contagi continuano a essere frequenti”. E in futuro è bene essere preparati e aspettarsi eventuali nuove pandemie: “Anche in questo caso la risposta purtroppo è sì: non mi sembra che a livello planetario ci siano atteggiamenti che lasciano sperare in una possibile prevenzione”. Per Fauci, “che l’uomo impari dall’esperienza è sempre un auspicio. Io penso che la pandemia mostri un elemento di tragedia nei milioni di morti, e un elemento di successo nei progressi della scienza e nella maggiore consapevolezza ed energia con cui si è mosso il mondo medico”. Per quanto riguarda l’elevato tributo di vite pagato dagli Usa al virus Sars-CoV-2, l’esperto osserva che “è anche da tener presente la grande disparità sociale di questo Paese. In alcuni casi i malati avevano patologie tipiche di alcune comunità, come obesità, ipertensione e diabete, non curate adeguatamente. E le strutture alle quali avevano accesso erano inadeguate, non tutti possono permettersi le stesse coperture assicurative”. La gestione della pandemia non è stata la stessa in tutti i Paesi. Per Fauci un esempio virtuoso “è la Nuova Zelanda, agevolato dalla posizione; l’opposto si può dire della Svezia che non ha effettuato un serio lockdown concentrandosi sui più fragili”.
La carriera a fianco di sette presidenti – Parlando poi dei no-vax, Fauci non si stupisce della loro presenza, nonostante il dramma di una pandemia mondiale. “La diffidenza sui vaccini è preesistente al Covid – ha spiegato – ma trattandosi di una pandemia, quest’atteggiamento antiscientifico ha avuto maggiore visibilità e reazioni violente. Politicamente la concentrazione di persone vaccinate coincide con gli stati democratici, mentre quelli che lo hanno rifiutato con i repubblicani, ma attenzione a facili scorciatoie: ho incontrato repubblicani che si sono impegnati in prima linea, e tra i presidenti che ha fatto di più per la sanità c’è stato George W. Bush“. Il primo presidente con cui cominciò a lavorare Fauci fu Reagan, “una persona davvero perbene” ma cui ha rimproverato di non aver affrontato l’epidemia di Aids, di cui evitò di parlare “sino a quando Elizabeth Taylor di fatto non lo costrinse, quasi mettendolo in imbarazzo” nel 1987 in occasione della cena di una fondazione per la ricerca contro la malattia. “Prevalse il suo conservatorismo sulla comunità gay”, ha osservato. Fauci ha raccontato anche di quando un noto attivista gay, Larry Kramer, cercò di attirare la sua attenzione definendolo un “killer” e un “idiota incompetente” prima di riconoscerlo come un “vero eroe” per aver saputo ascoltare le obiezioni della comunità omosessuale contro la rigidità e i tempi lunghi dei protocolli per i test clinici contro l’Aids: “Una delle migliori cose che ho fatto al di fuori del campo della scienza pura”.