In questi giorni, dopo il disastro di Ischia, si è parlato più volte di una legge che molti volevano e vorrebbero dimenticare e cioè il cosiddetto “decreto Genova”, un decreto legge nato nel 2018 con il governo Conte, al fine di emanare con urgenza alcune misure necessarie alla popolazione colpita dal crollo del viadotto Polcevera della autostrada A10 (noto come ponte Morandi).
In quel decreto, infatti, furono inserite anche disposizioni di favore relative a due altre vicende che nulla avevano a che vedere con i fatti di Genova e che meritano di essere ricordate.
La prima riguardava proprio Ischia e, “considerata la necessità di disporre interventi urgenti per la riparazione, la ricostruzione, l’assistenza alla popolazione e la ripresa economica nei territori dei Comuni di Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno dell’Isola di Ischia interessati dagli eventi sismici verificatisi il giorno 21 agosto 2017”, nominava un commissario straordinario per la ricostruzione; tra l’altro, stabiliva che le numerosissime istanze di condono di edifici abusivi presentate ai sensi dei provvedimenti di favore del 1985, del 1994 e del 2003 ancora pendenti fossero definite attraverso la “esclusiva applicazione” delle clausole del 1985; cioè di gran lunga quelle più permissive e favorevoli agli abusivi.
La seconda vicenda, da me più volte trattata anche su questo blog, è ancora più grave in quanto, con l’art. 41 del decreto Genova, si è autorizzato l’utilizzo in agricoltura di fanghi da depurazione pesantemente contaminati da sostanze tossiche quali idrocarburi, diossine, furani, Pcb, toluene, selenio, berillio, cromo e arsenico con notevoli pericoli per la salute e per l’ambiente. Basta citare, tra i tanti, i pareri dei “Medici per l’Ambiente”, i quali parlano di una disposizione che aumenta la possibilità che vengano contaminati suoli, ecosistemi e catena alimentare, con inquinanti tossici, persistenti, bioaccumulabili, di cui alcuni classificati come cancerogeni certi per l’uomo dall’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (Iarc) e senza che siano stati adeguatamente valutati rischi per la salute umana”.
Anche la Corte europea di giustizia (seconda sezione, 28 marzo 2019, in www.lexambiente.it, 9 aprile 2019) confermava che “dagli elementi del fascicolo sottoposto alla Corte risulta che il recupero dei fanghi di depurazione comporta taluni rischi per l’ambiente e la salute umana, in particolare quelli connessi con la presenza di sostanze pericolose”; e pertanto – concludeva – uno Stato membro può decidere che un fango da depurazione resti per sempre sottoposto alla disciplina cautelativa prevista per i rifiuti “dalla culla alla tomba”.
Tanto è vero che in altri Stati europei (fra cui la Svizzera, la Germania e l’Austria) “l’uso dei fanghi in agricoltura è molto limitato, se non inesistente” proprio per il rischio connesso con la possibile presenza di sostanze pericolose, come si legge nella relazione della Commissione europea del 27 febbraio 2017 sull’attuazione della normativa dell’Ue in materia di rifiuti.
Per fare un solo esempio, ammettendo con l’art. 41 del decreto Genova un limite per idrocarburi di 1000 mg/kg sul tal quale (che equivale a 8000 e oltre sulla sostanza secca), si consente di fertilizzare i campi con fanghi che non potrebbero essere destinati a recuperi ambientali e non potrebbero neppure essere smaltiti in una discarica per inerti, ma solo in una discarica per rifiuti industriali; con il pericolo di trasformare, cioè, campi coltivati da cui ricaviamo alimenti in discariche occulte di rifiuti industriali. Con tutti i rischi connessi.
A questo punto, mi sembra francamente che, al punto in cui siamo, l’unica cosa da evitare è riaprire polemiche sulle responsabilità di queste scelte fatte quattro anni fa. Vorrei solo ricordare che, per quanto riguarda la vicenda dei fanghi, nell’ambito del Movimento 5 stelle sono state scelte contestate e sofferte, certamente imposte dalle alleanze di governo. Ma vorrei anche ricordare, a maggior ragione, che sin dall’epoca (2018), dopo un debole tentativo di difesa, sia il ministro dell’Ambiente sia altri esponenti autorevoli del movimento avevano promesso pubblicamente che sarebbero al più presto intervenuti per rimediare attraverso una revisione di questa normativa del decreto Genova.
Purtroppo tutto questo non è avvenuto. Ora i 5stelle sono all’opposizione e non sono più alleati della Lega. Non è troppo tardi per un segnale di ravvedimento.