Ho imparato una parola inglese che non conoscevo: ageism. In italiano: ageismo. L’Accademia della Crusca la definisce così: discriminazione, pregiudizio o marginalizzazione di una persona in relazione all’età; in particolare discriminazione nei confronti degli anziani.
Arrivato a 70 anni sono stato messo in pensione. La pensione equivale a quanto ricevevo prima, ma da capitoli di spesa differenti. Ho più di 50 anni di contributi (ho riscattato l’università); forse l’Inps li ha dilapidati e ora paga la mia pensione con i versamenti di chi sta lavorando, ma ho pagato una somma più che sufficiente a coprire quel che mi resta da vivere.
Dato che la biologia marina mi diverte continuo a praticarla, senza stipendio, presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn, come “chair”, l’equivalente di emerito. Lavoro come prima, a parte le lezioni all’Università: la mia produzione scientifica e altre attività comprovano i risultati del mio lavoro. Prima o poi non sarò più in grado di svolgerlo, ovviamente, ma fino a quando i risultati ci saranno, verificabili da Agenzie di Valutazione, non dovrei essere messo da parte, a meno che sia io a chiederlo: si perde l’investimento che il paese ha fatto dandomi la possibilità di acquisire conoscenza che viene buttata via (anche se molta ho cercato di trasmetterla ai miei allievi).
Chi fa il mio mestiere si diverte. Confesso di non aver mai “faticato” in vita mia: mi sono sempre divertito. Anche se il mio corpo non è efficiente come a 40 o 50 anni (non parliamo di 20-30) mi rendo conto di non aver mai saputo così tanto come oggi, e continuo ad apprendere. Siamo una specie che impara: gli anziani sono un serbatoio di esperienza e conoscenza, una ricchezza per la specie. Gli anziani sono da tenere sotto controllo costante, e dovrebbero essere rimossi da ogni possibile incarico a fronte di scarsa efficienza, e dovrebbero essere messi a riposo. Ma, se non sono loro a chiederlo, non dovrebbero essere mandati in pensione solo per motivi di età. Si tratta di ageismo, una discriminazione.
Conosco colleghi in età lavorativa che andrebbero messi a riposo, in seguito a valutazioni di efficienza. Ho fatto parte del primo Gruppo di Esperti di Valutazione dell’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca: so quel che dico. Per alcuni incarichi molto delicati, penso al Presidente della Repubblica, per non parlare del Pontefice, l’età avanzata è considerata un pregio. Succede(va) anche nelle organizzazioni tribali, dove le decisioni venivano prese dagli anziani. Draghi è stato chiamato a salvare la patria (si fa per dire) a 73 anni, e nessuno si sogna di dire che è rimbecillito. Il Maestro Muti ne ha 81, Renzo Piano 85, Mick Jagger 79, come Mario Monti, e Keith Richards 78.
Non pretendo di paragonarmi a loro ma, nel mio piccolo, non sono poi così male. Quest’anno ho ideato e presieduto il Pianeta Mare Film Festival; l’anno scorso si è inaugurato un Museo (il Darwin-Dohrn) e l’esposizione è in buona parte frutto del mio ingegno. Non avevo mai organizzato un festival cinematografico, prima. Da un lato l’aver partecipato alla realizzazione di due musei mi ha molto aiutato a progettare il terzo, in termini di esperienza. Dall’altro lato, la mancanza di esperienza è stata determinante per organizzare il film festival: tutti gli intervenuti che si intendono di cinema hanno convenuto che si è trattato di un festival innovativo e originale.
Guardando il lavoro di miei colleghi più giovani, mi capita spesso di dire: ma queste cose non sono nuove… le ha già scritte Tizio, oppure Caio. Chiedo se li conoscono e mi dicono di no: si continua a scoprire l’acqua calda e la conoscenza, invece di accumularsi, viene ricostruita, magari con mezzi più moderni, ma i concetti sono sempre quelli. Pare esista una sorta di Alzheimer generazionale, in cui le nuove generazioni “dimenticano” quel che hanno appreso le generazioni che le hanno precedute, spesso ricominciando da capo, tanto per smentire la metafora di quelli che fanno cose magnifiche stando “sulle spalle dei giganti”. Ho sentito che una ragazzina ha detto, ascoltando i Queen: sembrano i Maneskin. Se non conosci Wilson Pickett, magari pensi che Zucchero sia sensazionale.
Tornando all’ageismo, lo considero un’aberrazione che non rispetta l’esperienza e la saggezza, portando ad un impoverimento della conoscenza condivisa. Il motore del progresso è il giusto bilanciamento tra la carica innovativa dei giovani e il cumulo di conoscenza attraverso una lunga vita. Il mio motto preferito è: senza deviazione dalla norma il progresso non è possibile. Ma per rompere le norme bisogna conoscerle, altrimenti si può anche avere l’illusione di “progredire” mentre si continua a riscoprire l’acqua calda. Le mie follie del film festival, assieme a quelle del mio amico Max, sono state “mitigate” da colleghi che conoscono le norme.
Gli anziani che continuano a lavorare non rubano il lavoro ai giovani, li aiutano a progredire se hanno voglia di condividere con loro quel che sanno. Quando diventano un peso, pretendendo di imporre visioni obsolete, è il momento di mandarli in pensione per motivi che, però, non c’entrano con l’età. Il problema è cosa fare di chi, anche se ancora giovane, ha visioni obsolete e non ha versato a sufficienza per pagarsi una pensione.