L’avevano costretta a dichiarare che quella scelta di gareggiare senza velo non aveva alcuna valenza politica, che nel suo gesto non si nascondeva la volontà di solidarizzare con le proteste in corso nel Paese. Ma questo non è bastato: la scalatrice iraniana Elnaz Rekabi è stata prima arrestata e messa ai domiciliari, dopo il suo ritorno in patria dai Campionati asiatici della Federazione internazionale di arrampicata sportiva a Seul, e oggi la sua casa è stata demolita dalle ruspe del regime di Teheran.
A darne notizia è l’organo di informazione pro-riforma IranWire: l’abitazione della famiglia della scalatrice è stata demolita da funzionari governativi. Le immagini dell’abitazione distrutta, con le medaglie conquistate negli anni sia da lei sia dal fratello, anche lui scalatore, gettate in un secchio come rifiuti, hanno fatto il giro del mondo. Rekabi aveva preso parte alla competizione senza hijab proprio quando le proteste anti-regime si stavano diffondendo in tutto l’Iran in seguito alla morte della 22enne Mahsa Amini mentre era sotto la custodia della polizia morale perché non aveva indossato correttamente il velo.
La decisione di demolire la casa di Rekabi è pienamente in linea con la politica adottata e ribadita dalla Repubblica Islamica anche oggi: “Le forze di sicurezza, con tutta la loro forza e senza tolleranza, faranno fronte a ogni nuova rivolta che finora è stata sostenuta dai servizi di intelligence stranieri”, ha affermato il Consiglio di sicurezza iraniano in una dichiarazione in vista di una nuova mobilitazione indetta dagli attivisti per tre giorni dal 5 al 7 dicembre. Il Consiglio ha poi aggiunto che “gli studenti, i partiti politici, i gruppi, gli attivisti che operano via social network dovrebbero essere vigili su quanto trama il nemico e respingere le rivolte collaborando invece con il governo, per instaurare un dialogo politico volto a riformare alcune questioni e superare i problemi nel Paese”.