La spiritualità è forse la dimensione meno nota tra quelle che entrano a far parte della salute; eppure, è citata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1990 come ‘tema che non può essere eluso’. E negli ultimi 30 anni non sono mancati studi e ricerche che ne hanno evidenziato i benefici sulla salute psichica e fisica. Ma che cosa si intende con il termine spiritualità? Non è solo fede religiosa, piuttosto una dimensione interiore di cui prendersi cura. La parte della realtà intangibile, oltre il mondo fisico, che si rivolge alla ricerca dell’essenza delle cose, dei significati. Possiamo dire che sia l’approccio interiore alla vita, un atteggiamento fatto di gentilezza, compassione, perdono, altruismo ma anche ricerca di una dimensione meno terrena dell’esperienza tramite preghiera e meditazione. Ma anche accettare ed essere consapevoli della propria umanità. E proprio questo è stato l’argomento del convegno ‘Spiritualità e Scienza: l’ultima frontiera della salute’ che si è tenuto a Firenze per celebrare i 70 anni del mensile Vita&Salute, nato nel lontano 1952, organo di informazione della omonima Fondazione, i cui lavori si sono aperti con l’augurio di un’epoca “in cui i valori siano maggiormente coltivati insieme a una maggiore promozione della salute”, come sottolineato da Maurizio Caracciolo, direttore delle Edizioni ADV che pubblica il mensile.
Nel corso degli anni è stato dimostrato come una dimensione spirituale sana e forte sia correlata a: minori ospedalizzazioni, migliore gestione della malattia e aderenza al trattamento prescritto, diminuzione dell’uso e abuso di sostanze, diminuzione della depressione e dei tentativi di suicidio. Eppure i bisogni interiori all’interno dell’assistenza medica sono ancora ‘insoddisfatti’, la gentilezza ad esempio è un’esigenza, sostenuta da comprovati studi scientifici, finalizzata a un’umanizzazione della medicina, non solo nella relazione tra medico e paziente, ma anche tra il medico e i familiari del malato. Non solo. Solo da pochi anni si sono moltiplicati gli studi che hanno rivelato le ‘relazioni pericolose’ tra cibi industriali, ultra processati, ricchi di zuccheri, sale e grassi sull’infiammazione e sul cervello. Sapori dolci, salati o grassi stimolano la secrezione di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere e della dipendenza, allo scopo di indurre a consumare di più. Un piacere che ha come effetto avverso lo sviluppo di un’infiammazione cronica silente che lentamente danneggia la salute. Lo studio EPIC ha dimostrato ad esempio che il consumo regolare di bevande zuccherate aumenta la mortalità per malattie cardiovascolari del 27-40%.
“Dobbiamo nutrirci di gioia, gentilezza, lavorare per il bene comune, dobbiamo allenare non solo i muscoli ma il cervello alla gratitudine”, sottolinea il dottor Franco Berrino, Direttore Scientifico della rivista, epidemiologo e già direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva all’Istituto dei Tumori di Milano che prosegue: “La maggior parte dei disturbi alimentari ha a che fare con la difficoltà di entrare in contatto o gestire le emozioni, con un disagio interiore. Il recupero del proprio mondo interiore, trascurato nella società della performance, è un approccio ‘ecologico’ alla nostra esistenza”, spiega ancora il professor Berrino. Come fare? “Per esempio, ritagliandosi una stanza e un momento per ‘coltivare’ il silenzio”, interviene Daniel Lumera, biologo naturalista, autore bestseller, docente e riferimento internazionale nell’area delle scienze del benessere, della qualità della vita e nella pratica della meditazione. “Siamo sovrastati dal rumore che ci impedisce di entrare in ascolto di noi stessi e delle nostre parti più profonde. Ricordiamo che il rumore è un vero e proprio inquinante. Per questo è importante fermarsi un momento e ‘spegnere’ quanto ci circonda. Una modalità per farlo è la meditazione, medicina naturale che, se praticata con costanza nel lungo periodo, è in grado di esercitare un significativo impatto sul nostro Dna e, precisamente, sui telomeri, i cappucci dei cromosomi considerati dalle neuroscienze come i biomarcatori della longevità. Sono stati, infatti, dimostrati gli effetti positivi della meditazione sulla telomerasi, l’enzima che ricostruisce i telomeri, oppure sulla modificazione dell’attività di geni collegati con l’infiammazione, la morte cellulare, il controllo dei radicali liberi e, quindi, l’invecchiamento: secondo il Massachusetts General Hospital, in solo due mesi di pratica costante, la meditazione è in grado di modificare circa 1.500 di questi geni.
“In una società che rimane molto razionale, efficientistica e pragmatica, malgrado le ottime iniziative per correggerla e bilanciarla, il bisogno di spiritualità appare sempre più impellente. Senza spiritualità non c’è salute né emotiva, né fisica, né antropologica”, ha spiegato il professor Hanz Gutierrez, docente di Teologia all’Istituto Avventista di Firenze. Un famoso studio prospettico sulla rivista Jama ha valutato la relazione tra frequentazione religiosa (più di una volta a settimana) ed effetti sulla salute. La ricerca, durata 20 anni su 74.534 infermiere statunitensi ha rilevato che le persone che frequentavano le funzioni religiose vedevano ridotta la mortalità generale del 33%, del 27% per le malattie cardiovascolari e del 21% per quelle oncologiche. Sono stati quindi analizzati i meccanismi che rendono conto della salute migliore: rispetto delle regole, minore stress emotivo, maggiore capacità di perdono, minore pressione rispetto ai soldi, successo, status.
Anche i comportamenti prosociali, di cura e aiuto rivolto agli altri, sono correlati all’attivazione di ormoni che contrastano lo stress e con gli effetti neurotossici da cortisolo (Brown et al. 2015). Con in aggiunta il rilascio di ossitocina: un neurormone implicato nell’organizzazione delle cure parentali, nei processi di attaccamento e nell’altruismo. La dottoressa Marsh, psichiatra tedesca dell’Università Carl von Ossietzky Oldenburg, in un recente studio pubblicato a dicembre dei 2021 su Neuroscience & Biobehavioral Reviews spiega come l’ossitocina abbassa i livelli di cortisolo, e inibisce il rilascio di Interleuchina 6 coinvolta nell’infiammazione. Tracy Barboni, docente di Oncologia ad Harvard ha pubblicato una revisione della letteratura, concludendo che la spiritualità dovrebbe essere integrata nell’assistenza centrata sulla persona.