La presidente del Consiglio è intervenuta ai Med Dialogues dell'Ispi: "Da soli non possiamo gestire un flusso con dimensioni ormai ingestibili, il Mediterraneo dev'essere percepito come una comunità di destino non come un luogo di morte". E chiede all'Ue di rilanciare la "cooperazione migratoria" con i Paesi africani
La gestione dei rimpatri deve essere “europeizzata“. Questo approccio “è indispensabile” e “ci vuole più Europa sul fronte sud“, perché “da soli non possiamo gestire un flusso con dimensioni ormai ingestibili”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni rilancia le richieste del suo governo nei confronti di Bruxelles, e lo fa da un palco, quello dei Med Dialogues, cruciale per il suo piano di rendere l’Italia un hub del Mediterraneo: una strategia in cui la questione dei migranti si intreccia con quella dello sviluppo dei Paesi vicini, ma anche con l’emergenza energetica. L’esecutivo di centrodestra, sul fronte interno, sta studiando un nuovo decreto flussi, che si annuncia con quote non lontane da quella di 69.700 ingressi fissata nell’ultimo, un anno fa. Con i ministri di Interno e Agricoltura, segue il dossier anche il titolare degli Esteri Antonio Tajani. “Vorremmo avere lavoratori che arrivano nel nostro Paese già formati, che abbiano già una destinazione operativa, cioè sapere dove devono andare a lavorare. E poi vorremmo premiare i Paesi che fanno accordi con noi”, chiarisce prima di accogliere Meloni assieme all’ambasciatore Giampiero Massolo alla conferenza organizzata dall’Ispi.
Davanti a ministri, capi di Stato e di governo dell’area Med, diplomatici ed esperti, la premier parla circa mezz’ora, in una giornata segnata dall’ennesimo naufragio, con tre dispersi e una quarantina di persone messe in salvo dopo il ribaltamento di una barca al largo di Lampedusa. L’intervento ha anche l’effetto di tenere alto il livello dell’allarme, perché dopo il caso della Ocean Viking, anche alla luce del piano in 20 punti presentato due settimane fa dalla Commissione europea, “l’aria è positivamente cambiata”, per dirla con le parole usate ieri dal vicepremier Matteo Salvini. “Per la prima volta la rotta del Mediterraneo centrale è stata considerata prioritaria in un documento della Commissione europea, è una vittoria – rivendica la presidente del Consiglio -. Non sarebbe accaduto se l’Italia non avesse posto la questione del rispetto della legalità internazionale e la necessità di affrontare il fenomeno delle migrazioni a livello strutturale”. “Il Mediterraneo ha bisogno di essere percepito prevalentemente come una comunità di destino e non come un luogo di morte causato dai trafficanti di vite umane”, la tesi di Meloni, che chiede all’Ue di “rilanciare la cooperazione migratoria con i partner dell’Africa e del Mediterraneo, che devono essere maggiormente coinvolti nel contrasto a traffico esseri umani”.
In sostanza, “ci vuole più Europa sul fronte sud“, l’esortazione della capa del governo, secondo cui “molte delle politiche europee rischiano di essere incomplete se non collocate in una più ampia dimensione mediterranea”. La critica riguarda i migranti e non solo. A un’Unione che “non riesce a controllare più niente” delle catene di approvvigionamento energetico, chiede “un segnale forte“, ossia “spostare il baricentro degli scambi energetici europei proprio verso il Mediterraneo”. E si può leggere anche un messaggio ai partner europei dietro il ragionamento sull’energia come “bene nazionale ma anche inclusivo e quindi comune”.
Dal canto suo, Meloni dall’inizio del mandato ripete di voler puntare su un ‘piano Mattei per l’Africa’, “un approccio con una postura non predatoria ma collaborativa”, perché “la nostra prosperità non è possibile se non c’è anche quella dei nostri vicini”. E perché così si “contrasterebbe più efficacemente il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area subsahariana”. Sono realtà, dice pensando anche Iran e Afghanistan, “così complesse” in cui “non c’è avvenire” senza libertà per giovani e donne. In questo scenario è “urgente” la stabilizzazione della Libia, dove Tajani si prepara ad andare per “un accordo generale” sui migranti. L’esecutivo tiene stretti rapporti anche con la Tunisia, la Turchia, nonché con i Paesi dell’Africa subsahariana come Mauritania e Niger, con i cui presidenti Meloni negli ultimi due giorni ha avuto lunghi incontri.