. Venerdì scorso l'Unione europea ha concordato di porre un limite di 60 dollari al barile per la commercializzazione del petrolio russo, allineandosi alla posizione del G7. Una prima risposta potrebbe arrivare già domani quando si riunirà l'Opec +, l'organizzazione di molti dei principali paesi produttori con l'aggiunta della Russia. L'organizzazione ha già annunciato l'intenzione di tagliare la produzione di due milioni di barili al giorno (il consumo globale è di poco meno di 100 milioni di barili al giorno), nel tentativo di spingere i prezzi al rialzo
La Russia “non accetterà” il tetto (price cap) sul prezzo del suo petrolio. Lo ha reso noto il portavoce del Cremlino. “Stiamo valutando la situazione. Sono stati fatti alcuni preparativi per questo tetto. Non accetteremo il price cap e vi informeremo su come sarà organizzato il lavoro una volta che sarà terminata la valutazione”, ha detto ai giornalisti Dmitry Peskov. Venerdì scorso l’Unione europea ha concordato di porre un limite di 60 dollari al barile per la commercializzazione del petrolio russo, allineandosi alla posizione del G7. I carichi di greggio che non accettano questo limite di prezzo non potranno essere assicurati, bloccandone di fatto il trasporto. Da lunedì prossimo entrerà inoltre in vigore l’embargo dei paesi aderenti all’Ue sull’acquisto di greggio russo. Il petrolio di riferimento di Mosca, denominato “urals”, viene venduto oggi a circa 67 dollari al barile, a sconto rispetto a brent e wti, petroli di riferimento per Europa e Stati Uniti. Il tetto è regolabile, al fine di rispondere agli sviluppi del mercato (sarà rivisto ogni due mesi). Ma l’intenzione è che sia sempre del 5% al di sotto dei prezzi correnti In sostanza, rilevano alcuni esperti, la volontà sembra essere quella di mantenere i flussi di greggio russo ma limitare in una qualche misura gli incassi per Mosca. La Russia continua ad avere una convenienza a vendere ma potrebbe veder diminuire le risorse da destinare anche alla guerra in Ucraina. I più critici commentano che in questo modo si offre a Putin la possibilità di sostenere una “never ending war”, una guerra senza fine.
Una prima risposta potrebbe arrivare già domani quando si riunirà l’Opec +, l’organizzazione di molti dei principali paesi produttori con l’aggiunta della Russia. L’organizzazione ha già annunciato l’intenzione di tagliare la produzione di due milioni di barili al giorno (il consumo globale è di poco meno di 100 milioni di barili al giorno), nel tentativo di spingere i prezzi al rialzo. I produttori, Arabia Saudita in testa, vedono di cattivo occhio il tetto al prezzo e in questi mesi Riyad è parsa molto ambigua nei suoi rapporti con Washington. Nel frattempo, secondo quanto riporta il Financial Times, la Russia ha ammassato una flotta di oltre 100 vecchie petroliere per cercare di aggirare le sanzioni occidentali. Mosca – che è fortemente dipendente dalle petroliere straniere per il trasporto del suo petrolio – ha aggiunto altre 100 navi quest’anno tramite acquisti diretti e indiretti. L’obiettivo del Cremlino, secondo indiscrezioni, è creare una “flotta-ombra” senza il problema dell’assicurazione dei carichi da parte di istituzioni finanziarie estere che verrebbe invece garantita da entità domestiche.