Servono 1,2 milioni di assunzioni nel settore pubblico entro il 2030. È questo il numero individuato da Fp-Cgil, il sindacato di categoria che organizza i lavoratori degli enti statali e parastatali, per rispondere alle necessità occupazionali della pubblica amministrazione. La cifra è stata presentata nel rapporto “Un piano straordinario per l’occupazione nel settore pubblico”, presentato oggi, 2 dicembre, dalla sigla. Un progetto necessario, si legge nel rapporto, “per restituire dignità al lavoro e ai servizi pubblici, e per archiviare definitivamente la stagione dei tagli lineari alla spesa pubblica, del blocco del turnover, dei tetti di spesa al personale e dei mancati rinnovi dei contratti”.

Entro la fine del decennio nel settore pubblico sono previste 700mila uscite per pensionamenti, esclusi i comparti Istruzione e Ricerca. Anche per questo, oltreché per coprire i fabbisogni reali di personale, i rappresentanti dei lavoratori sostengono che serva un piano pluriennale di assunzioni stabili. “La sfida per il rinnovamento della pubblica amministrazione parte da un scommessa fondamentale sul fattore più importante: le lavoratrici e i lavoratori”, scrive Fp-Cgil, aggiungendo che dal 2000 al 2020, in Italia, si contano 200mila dipendenti pubblici in meno. Inoltre, l’età media del personale in 20 anni è cresciuta di oltre sei anni e ora si attesta sui 50 anni.

La Fp-Cgil sottolinea come le nuove assunzioni proposte potrebbero migliorare concretamente i servizi per i cittadini. Il fabbisogno di 15.145 tra cancellieri e funzionari giudiziari, per esempio, porterebbe la durata media di un processo civile a 2 anni. Il fabbisogno di 6.122 medici di emergenza e urgenza porterebbe l’attesa media in Pronto soccorso a 60 minuti. Nei servizi per l’infanzia il fabbisogno necessario a seguire i bambini da 0 a 3 anni, pari a 24.600, garantirebbe alle famiglie un educatore ogni cinque alunni, invece che ogni sette.

Nella manovra non c’è un euro per il rinnovo dei contratti pubblici che sono già scaduti, determinando il rischio di un ulteriore impoverimento delle retribuzioni, visto anche l’alto livello di inflazione“, ha commentato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nel corso della presentazione del rapporto. “Mettere al centro il lavoro pubblico e la sua funzione può essere il motore di un nuovo modello di sviluppo del Paese” ha proseguito, sottolineando anche il problema della precarietà: “In nessun altro Paese ci sono così tanti rapporti lavorativi precari”.

Infine, Landini ha affrontato il tema della detassazione del lavoro: “Bisogna agire sul versante fiscale con una riforma degna di questo nome che aumenti il netto in busta paga a partire dai redditi più bassi”. La specifica del segretario arriva nel giorno in cui l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), ha diffuso il Global Wage Report 2022-23. I dati sull’Italia che emergono dal rapporto sono preoccupanti: dal 2008 nel nostro Paese i salari, in termini reali, sono più bassi del 12%. “L’Australia e la Repubblica della Corea mostrano una crescita dei salari reali in forte aumento nel periodo 2008-22 – si legge nel report – mentre Italia, Giappone e Regno Unito sono gli unici paesi nel campione di economie avanzate del G20 dove i salari nel 2022 sono al di sotto del loro valore reale nel 2008. I salari reali nel 2022 – continua il documento – valevano in Italia, Giappone e Regno Unito, rispettivamente il 12%, il 2% e il 4% in meno che nel 2008″.

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