Anche col nuovo governo di centrodestra la spesa militare continua a crescere. Così, come emerge dalla stima preliminare elaborata dall’Osservatorio Mil€x a partire dalle Tabelle presentate dal Governo con la nuova Legge di Bilancio, il costo in ambito di Difesa per l’Italia è aumentato di 800 milioni di euro nel 2023, passando dai 25,7 miliardi previsionali del 2022 a 26,5 miliardi. Numeri, questi ultimi, che tengono conto anche della spesa pensionistica militare netta a carico dell’Inps, in aggiunta alle dotazioni di fondi dei ministeri, come emerge dall’elaborazione dei dati contenuti nelle Tabelle dei bilanci previsionali del ministero della Difesa e degli altri dicasteri che contribuiscono alla spesa militare italiana (ex Mise e Mef).

L’aumento, spiega l’Osservatorio, “è causato principalmente dal bilancio ordinario della Difesa (comprendente anche le spese non militari per i Carabinieri in funzione di ordine pubblico) che passa da 25,9 a 27,7 miliardi in virtù dei maggiori costi del personale di Esercito, Marina e Aeronautica (oltre 600 milioni in più) e delle maggiori risorse dirette destinate all’acquisto di nuovi armamenti (quasi 700 milioni in più)”. Inoltre, circa 100 milioni di euro in più saranno destinati alle amministrazioni e ai comandi centrali, oltre che per indennità varie come l’ausiliaria. “Va sottolineato come l’aumento complessivo registrato nel bilancio della Difesa – aggiungono da Mil€x – sia derivante per circa 1 miliardo da fondi previsti ‘a legislazione vigente'”, ossia quelli derivanti dalle scelte degli anni precedenti, in particolare quelle del Governo Draghi, e per i restanti 700 milioni circa da decisioni direttamente ascrivibili alla manovra di bilancio del Governo Meloni.

Altra voce ormai importante è quella dei costi per le missioni militari all’estero, finanziate con un fondo assegnato al bilancio del Mef e poi trasferito alla Difesa dopo passaggio parlamentare. Nel 2023 la dotazione sarà di oltre 1,5 miliardi di euro, 150 milioni in più rispetto all’anno precedente, di cui il 90% possono essere ascritti a funzioni militari dirette. Rimangono sui livelli registrati nel 2022 gli investimenti per nuovi armamenti. L’aumento viene infatti compensato da una quasi equivalente diminuzione delle risorse indirette provenienti dall’ex Mise.

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