La premier inaugura una sua rubrica sui social (alla maniera di "Matteo risponde") e rivendica i provvedimenti sul cash e sui pagamenti digitali. E sul Reddito attacca: "Tra prendere quello e rubare c'è l'opzione del lavoro". Ma non dice come crearlo
La stretta al reddito di cittadinanza, l’innalzamento al tetto all’uso del contante, l’eliminazione dell’uso della moneta digitale per i pagamenti sotto i 60 euro, “l’emergenza” rave party. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni difende e rivendica tutti i provvedimenti principali del primo mese e mezzo di governo finiti al centro del dibattito pubblico (e delle polemiche): il limite al cash “sfavorisce la nostra economia”, mentre sul Pos la ratio è che “se potrò aiuterò i commercianti”. Meloni parla in un video di 22 minuti in “diretta differita” su facebook, intitolato “Gli appunti di Giorgia” con tanto di agendina che la premier apre pagina per pagina per passare da argomento ad argomento. Un appuntamento che “dovrebbe essere settimanale”, dice la presidente del Consiglio, ricordando un po’ i “Matteo risponde” di Renzi al tempo che fu. “Ovviamente tutto viene discusso, tutto è oggetto di polemiche, la sinistra non è d’accordo con la nostra impostazione economica, e meno male” è l’incipit e la ragione sociale di questa rubrica. Poche ore prima aveva annunciato “l’evento” con la foto della sua agenda. E a rispondere era stato il suo predecessore, il leader del M5s Giuseppe Conte che aveva ironizzato: “Dopo l’agenda Draghi, l’agenda di Giorgia”.
La questione tetto al contante, per cominciare. Secondo la premier il limite all’uso del cash “sfavorisce la nostra economia, siamo in un mercato europeo, il tetto ha senso solo se ce lo hanno tutti. In Europa ci sono tanti diversi tetti al contante, e nazioni che non ce l’hanno. La Germania non ha un tetto al contante, l’Austria che confina con l’Italia nemmeno. Chi ha contante da spendere preferisce andare a farlo in altre nazioni”. Va precisato che la presidente del Consiglio continua a dire che la Germania non ce l’ha, ma il governo di Berlino l’ha appena approvato in consiglio dei ministri proprio come norma anti-riciclaggio sebbene lì sia fissato a 10mila euro (e in Italia sarà di 5mila). Meloni intende smontare l’argomento evasione spiegando che “l’anno in cui c’è stato meno evasione fiscale è stato il 2010 e il tetto al contante era 5mila euro. Più fai salire il tetto al contante meno favorisce l’evasione”. E’, tradotto, lo stesso argomento usato alcune settimane fa anche da Unimpresa. Il problema è che questa convinzione si basa sulla citazione di un totale di evasione di 83 miliardi che però non sono la stima complessiva di tutte le tasse e i contributi non versati nel corso dell’anno. Bensì una cifra parziale che – a differenza delle altre – non comprende né le accise sui prodotti energetici né le imposte immobiliari né i contributi. A favore della bontà della sua decisione Meloni cita tra le altre una dichiarazione del generale della Guardia di Finanza. Non cita, invece, la Corte dei Conti che pochi giorni fa, analizzando la manovra, ha sottolineato che innalzare il tetto al contante contrasta con la necessità di fare emergere il nero “in quei settori rivolti al consumatore finale ove più diffusi sono i fenomeni evasivi”, dai servizi al commercio alla ristorazione. “Una riduzione dell’uso del denaro contante, il cui trasferimento – per definizione – non è tracciabile, potenzia l’azione di controllo e, ancora prima, rende le attività criminose più difficili da compiere” avevano scritto tra l’altro i magistrati contabili.
Poi, per rimanere in tema, c’è il tema Pos, cioè i pagamenti con le carte elettroniche. Meloni conferma che c’è un’interlocuzione in corso con l’Unione europea sulla soglia (“quella dei 60 euro è indicativa, per me può essere più bassa”) ma rivendica la volontà di togliere l’obbligo di accettare pagamenti digitali per piccoli importi perché “incide tantissimo sui commercianti”. Anche su questo si era pronunciata la Corte dei conti che aveva spiegato che è una decisione “non coerente con l’obiettivo di contrasto all’evasione fiscale previsto nel Pnrr”, ma andando al merito va ricordato che in realtà sulle microtransazioni molti istituti bancari hanno azzerato i costi per i commercianti mentre secondo uno studio del Politecnico di Milano per gli acquisti superiori ai 15 euro la media è 1,5%. Da parte sua il contante, secondo la Banca d’Italia, porta con sé balzelli nascosti (costi di trasporto, rischio di furti, errori umani sui resti) pari all’1,1% della transazione. Eppure Meloni insiste: “Se il costo del pagare con il bancomat ricadesse su di me pagherei con il bancomat? Molti no, molti sceglierebbero di pagare il caffè in contanti e io penso che questa libertà debba valere anche per l’esercente. L’evasione fiscale? Signori, da qualche anno abbiamo gli scontrini. Se non te lo danno lo puoi pretendere ma questo non vuol dire che persone che sono già in difficoltà debbano guadagnare sempre di meno, per cui se potrò dare loro una mano lo farò”.
Sull’evasione fiscale Meloni rilancia con un’altra norma “contro quella piaga che in Italia vale miliardi di euro di evasione all’anno, di aziende che aprono e chiudono prima che lo Stato cominci a fare controlli, mediamente in due anni, non versano un euro allo Stato, spariscono e ricominciano. Di solito è più facile farlo per gli extracomunitari ma succede a 360 gradi”. “La nostra norma consente che se l’Agenzia delle entrate vede che qualcosa non funziona in come ti stai muovendo, ti può chiudere la partita Iva, e per riaprirla devi dare una fideiussione, cioè devi garantire in anticipo il pagamento delle tasse. È finita la stagione in cui si fa finta di non vedere che alcuni evadono veramente e poi magari c’è chi cerca onestamente di fare il proprio lavoro ed è vessato dallo Stato. Un po’ di sana concorrenza leale, quella sleale l’abbattiamo. Questa proposta che abbiamo fatto per tanti anni e mai nessuno ha voluto trasformare in una legge, oggi è nella manovra. Comunico che chi vuole aprire un’impresa in Italia dovrà farlo seguendo le regole”.
Infine c’è il capitolo reddito di cittadinanza: “Voglio aiutare persone a uscire dalla povertà con il lavoro: il lavoro porta ovunque, il Reddito di cittadinanza ti tiene dove sei, non c’è scampo”. “Tra percepire il reddito e rubare un’opzione di andare a lavorare forse dovresti prenderla in considerazione – ha aggiunto commentando il video di una donna che si lamentava della stretta al Reddito -. Più percepirai il Reddito più sarai povero e difficile da inserire nel lavoro. Voglio regalare la dignità del lavoro a persone che non meritano di essere mantenute. Non voglio che la gente sia costretta a votarmi, voglio costruire libertà”. Il che non fa una piega se c’è il lavoro ed è retribuito in modo dignitoso. In particolare al Sud, come ha spiegato qualche giorno fa a ilfattoquotidiano.it il direttore dello Svimez Luca Bianchi.