Lo cantava, in tempi non sospetti, il compositore francese Jean-Jacques Goldman assieme alla cantante di origine britannica Sirima, poi deceduta. L’album esce nel lontano 1987. Da allora i sogni di tanti sono stati trafugati, normalizzati e tradotti in prodotti commerciali ecologico-compatibili col sistema. Altrove, cantavano in coppia i due artisti traducendo il francese LA-BAS, lontano dall’altra parte, perché da quest’altra i sogni sono diventati stretti come non mai.

Ormai ‘Stretti’ i sogni perché è tutto l’impianto dell’immaginario simbolico a essere stato manipolato dall’ignavia e complicità del ceto intellettuale, politico e dai comuni cittadini in via di sparizione. ‘Qui è già tutto deciso prima e non si può cambiare. Tutto dipende dalla tua nascita e io non sono nato nel posto giusto’, continua così la canzone di Goldman che ripete come una litania infinita… ed è per questo che partirà altrove.

Il giornale non allineato di Niamey L’investigatore, del primo dicembre scorso, riportando il brano citato del cantautore francese, ricorda nell’editoriale il ‘diritto alla rivolta’. Il direttore si riferisce ai migranti e rifugiati che cercano altrove i sogni smarriti nella propria terra e sottolinea la patetica resistenza alla mobilità delle persone. Nulla, afferma l’editoriale, potrà fermare l’Esodo dei tempi moderni.

Da questa parte del mondo li chiamavano proprio così, ‘esodanti’, coloro che rischiano e non raramente perdono la vita per cercare altrove ciò che pensano essere stato rubato o smarrito a casa propria. Un nome impegnativo e ricco di storia perché narra, nell’Esodo, il transito da una terra di schiavitù a una terra nuova, dove scorre, secondo le stagioni, latte, miele e dignità. Né le leggi restrittive, ricorda ancora l’editoriale citato, né i fili spinati, né i muri, né le forze dell’ordine, né le condizioni ambientali ostili potranno fermare o ridurre il desiderio dei candidati all’esilio. In effetti, tra ‘esodo’ e ‘esilio’ c’è sempre un deserto, un mare e frontiere da attraversare. L’esodo è un transito precario mentre l’esilio è una condizione perenne di vita.

‘Altrove, occorre del cuore e del coraggio, ma tutto è possibile alla mia età … se hai la forza e la fede’, continua così la canzone di Jean-Jacques, tutto è detto perché tocca, in modo trasversale, ciò in cui consiste il diritto alla rivolta. La dichiarazione universale dei diritti umani data il 10 dicembre del ’48. L’elenco dei diritti è patrimonio comune dell’umanità e a questi dovremmo aggiungere ciò che affermava la Costituzione francese del 1793 all’articolo 35: ‘Quando il Governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri’.

Tra il 2013 e il 2018, secondo l’ineffabile Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, il numero dei decessi dei migranti, specie nel deserto del Sahara, è stimato a 6.615 persone. Sono migliaia di rivolte che, sommate ai decessi nei mari, sulle montagne e sulle varie frontiere del mondo globalizzato, formano un corteo infinito di sogni seminati nel vento e portati, in esilio, a germogliare.

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