Il prezzo rimane lo stesso, ma la quantità di prodotto all’interno della confezione si riduce. È il fenomeno della shrinkflation, una strategia commerciale messa in pratica dalle aziende per ridurre i costi mantenendo stabili i ricavi mentre l’inflazione morde. Il consumatore abituato ad acquistare i biscotti, le patatine o le bibite di una certa marca non sempre controlla il peso. E il risultato, secondo le stime di Assoutenti, è che il “trucco” messo in atto dai produttori per non subire una riduzione dei consumi arriva a svuotare il suo carrello anche del 30%, facendolo spendere di più e comprare più spesso.

Marketing o pratica commerciale scorretta? – Ovviamente non esiste alcun vincolo legale che impedisca a un’azienda di modificare i prezzi o le dimensioni dei propri prodotti. Ma sono stati sollevati da più parti dubbi sulla trasparenza con cui questi cambiamenti sono presentati al cliente. Il rischio, infatti, è che le modifiche possano passare inosservate. L’Antitrust smentisce di aver aperto un’istruttoria ad hoc, ma il direttore generale Giovanni Calabrò ha dichiarato che il fenomeno è sotto costante monitoraggio per verificare che non vengano messe in atto pratiche commerciali scorrette in violazione del Codice del Consumo, il testo normativo di riferimento in tema di diritto dei consumatori.

Le associazioni a tutela dei consumatori hanno ovviamente a loro volta acceso un faro sul fenomeno. “Il rischio è che l’utente possa trovarsi disorientato di fronte a queste modifiche o che non se ne accorga”, spiega a ilfattoquotidiano.it Antonella Borrometi di Altroconsumo. “È una pratica di marketing lecita, ma deve essere fatta in modo trasparente. Il nostro obiettivo è allertare e sensibilizzare i cittadini”. Il modo migliore per difendere il proprio potere d’acquisto, visto che il cambiamento del peso spesso non è ben indicato sul fronte delle confezioni, è sempre quello di confrontare il prezzo della merce al chilo o al litro. “Non bisogna farsi confondere dal fatto che la grandezza del contenitore resti uguale – mette in guardia Borrometi -. Due pacchi possono sembrare identici l’uno accanto all’altro, ma in realtà cambia il peso”.

“Un’altra operazione da tenere sotto controllo è quella dell’immissione sul mercato di formulazioni speciali del prodotto – continua la portavoce di Altroconsumo -. Dei packaging rinnovati, più accattivanti, accompagnano il lancio di ricette premium o edizioni speciali che, ricalcando l’articolo originale, propongono all’utente una confezione meno pesante a un prezzo maggiore. Un sorta di shrinkflation non pura che, però, appesantisce le tasche dei cittadini”.

Una strategia per sfruttare la psicologia dei consumatori – Il termine è stato creato dagli economisti una decina di anni fa per descrivere un fenomeno inflattivo, che comporta, cioè, un aumento dei prezzi per i beni e una riduzione del potere d’acquisto da parte del consumatore, associato a un processo peculiare: il restringimento (to shrink in inglese vuol dire, appunto, “restringere”) delle confezioni. Dietro questa strategia commerciale c’è l’idea di non voler dare all’acquirente la sensazione di impoverimento in cui in realtà versa. In questo modo, il cittadino è meno scoraggiato nell’acquisto.

Per ottenere questo risultato, come spiegato da uno studio di gennaio 2020 realizzato da Gary Mortimer, professore di marketing e comportamento dei consumatori alla australiana Queensland University of Technology, viene sfruttato un innato pregiudizio cognitivo dei clienti: le persone sono portate a concentrarsi in primo luogo sul prezzo del prodotto, lasciando in secondo piano altri aspetti. I cittadini, infatti, diventati più sensibili ai costi a causa della crescita dell’inflazione, preferiscono pagare la stessa cifra per fare la spesa, indipendentemente dal fatto che stanno comprando meno merce. È quindi più proficuo, per l’obiettivo delle aziende di tenere saldi i profitti in un contesto economico instabile, ridurre il contenuto delle confezioni piuttosto che alzarne i prezzi.

Gli esempi raccolti nei supermercati dagli utenti di Altroconsumo – Tramite gli Ac Maker, la community di Altroconsumo, l’associazione ha analizzato il fenomeno della shrinkflation nei supermercati italiani, raccogliendo alcuni esempi. Tra i prodotti più segnalati dagli utenti troviamo il pacco dei biscotti Krumiri Bistefani: il prezzo è rimasto invariato a 1,80 euro, ma il sacchetto si è alleggerito di 10 grammi, da 300 a 290 grammi. In questo modo, la confezione costa ora il 3,4% al chilo in più.

Un altro prodotto in cui possiamo notare lo stratagemma di marketing è il detersivo per i piatti Nelsen. Il nuovo flacone è passato da un litro a 900 millilitri, segnando una riduzione del 10% della quantità di detergente contenuto al suo interno. Il prezzo, però, ha fatto il percorso inverso: da 1,30 euro è passato a costare a 1,50 euro. L’incremento sul litro è, quindi, di 0,37 centesimi, il 23,5% in più.

Tra gli altri esempi troviamo le confezioni di Philadelphia light, passate da 200 a 190 grammi, e di fazzoletti usa e getta, il cui contenuto in ogni singolo pacchetto è sceso in molti casi da dieci a nove fazzoletti.

I consumatori si organizzano anche su TikTok. I loro esempi – Complice la crescita dell’inflazione e del costo della vita, l’attenzione delle persone sul prezzo del carrello della spesa è aumentata negli ultimi mesi. Tanto che sono sempre di più i consumatori ad aver rilevato il diffondersi del fenomeno della shrinkflation. Basta navigare qualche minuto sulla home page di TikTok per raccogliere molte testimonianze. Gli utenti del social, nei brevi video postati sulla piattaforma, raccontano di aver notato l’alleggerimento delle confezioni dei loro prodotti preferiti, mettendo in guardia gli altri tiktoker. Dalla bottiglia di Coca-Cola, passata da 1 a 0,75 litri, alla confezione di patatine Pringles o Doritos. Persino le mozzarelle, vendute in monoporzione, ora sono più piccole: da 125 a 100 grammi.

Un giovane utente ha analizzato per i suoi follower le dimensioni e il peso delle merendine, molto popolari tra i suoi coetanei. Sono moltissimi i marchi famosi ad aver messo in uso la strategia della shrinkflation: Mars, Toblerone, Snickers, Twix, KitKat sono alcuni degli snack più famosi che hanno subito un rimpicciolimento. Anche i gelati Magnum si sono ridotti, fa notare una ragazza che poi prende in mano il flacone di detersivo per i piatti Svelto: da 1 litro il contenuto è passato a essere di 930 ml. La casa produttrice, però, ha mantenuto sempre la stessa bottiglia di plastica. Un elemento che, a primo acchito, tende a confondere il consumatore. Guardandola bene, però, possiamo notare come il liquido non riempia totalmente il dispenser, bensì lasci uno spazio vuoto, di circa due dita, sotto al tappo. Un altra signora, riprendendo con il telefonino il suo carrello della spesa, sottolinea come il reparto cosmetici del supermercato sia il più colpito dai restringimenti. La carta igienica, i rotoli asciugatutto, ma anche creme e detergenti: la shrinkflation, lamenta la signora, costringe le persone a fare viaggi al supermarket sempre più frequenti.

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