Toyota elettrifica sempre di più, ma non rinnega i propri principi: “Carbon is enemy, not any particular powertrain (il nemico è il carbonio, non una particolare propulsione)”, informa ripetutamente il costruttore attraverso il display che campeggia dietro al palco sul quale si succedono gli oratori che animano il Kenshiki Forum 2022 di Bruxelles.

Per ridurre le emissioni, secondo il costruttore non esiste “la” soluzione, bensì “una” soluzione per ogni situazione. L’idrogeno, sia per i sistemi Fuel Cell sia come carburante, è un’opzione valida: non solo per i veicoli industriali (il 77% delle merci in Europa si sposta su gomma e per fare il pieno di energia a Tir elettrici sono necessari un tempo dieci volte superiore rispetto ad veicolo a gasolio e rete e infrastrutture decisamente più potenti), ma anche per quelli commerciali leggeri (nel 2023 a Burnaston, grazie ai finanziamenti erogati dal governo britannico, verrà fabbricata la variante a celle a combustile del pick-up Hilux). E anche se Toyota lavora alle batterie allo stato solido, l’idrogeno può rappresentare un’alternativa anche per l’accumulo di energia.

L’elettrificazione parte dall’ibrido e arriva fino alle zero emissioni: in Europa nel 2025 solo il 10% delle auto commercializzate dal gruppo Toyota avrà motori termici. Nel 2026 la gamma bZ a zero emissioni sarà composta da 6 modelli (il secondo sarà la declinazione di serie del suv compatto da 4,5 metri anticipato al Los Angeles Auto Show ed esposto anche a Bruxelles) e Matt Harrison, amministratore delegato di Toyota Motor Europe, ha garantito che il costruttore sarà pronto per la “rivoluzione” del 2035. Anche perché nel vecchio continente il costruttore raggiungerà la completa neutralità carbonica con dieci anni di anticipo rispetto al gruppo: nel 2040 anziché nel 2050.

La strategia di Toyota è semplice, quasi elementare: portare sul mercato quello che i clienti chiedono e che si possono permettere, naturalmente nel rispetto delle norme dei vari paesi. Con le sue opzioni ibride ha contabilizzato una penetrazione record in Europa: il 7,3%, ossia il secondo marchio a livello continentale. Ha vivacizzato il design, anche in modo polarizzante (l’obiettivo non è piacere a tutti, ma abbastanza da covincere un numero crescente di automobilisti all’acquisto), creando il centro stile ED² in Costa Azzurra, e ha investito nel motorsport vincendo sia il WRC, il mondiale di rally, sia il WEC, il mondiale di endurance, 24h di Le Mans compresa.

L’offensiva europea del gruppo giapponese, che punta anche su Kinto per i servizi alla mobilità di noleggio e sharing, comincia con la nuova Prius, a listino nel Vecchio Continente solo plug-in. Ai dati anticipati a Los Angeles, il costruttore ha aggiunto quelli sull’autonomia elettrica: fino a 69 chilometri con la batteria da 13,6 kWh e fino a 8,7 chilometri aggiuntivi al giorno grazie al rivestimento fotovoltaico (finora erano 5), peraltro non richiestissimo in Italia, dove costava 3.000 euro. Poi arriverà il nuovo C-HR (nella foto il prototipo, con la concept elettrica bZ), proposto non solo ibrido, ma anche plug-in (la sola certezza circa l’accumulatore è che verrà assemblato in Europa), che avrà proporzioni pressoché identiche a quelle della generazione attuale e che evolve addirittura a tre tinte (era nato bicolor): il suo debutto avverrà tra un anno. Esteticamente il bZ concept elettrico ha molto in comune con il suv: come prototipo misura 4,54 metri di lunghezza, 1,56 di altezza e 1,89 di larghezza. La ritrovata vitalità di Lexus è infine confermata dalle RX 500h, RX 450h+ e RX 350h nonché dall’arrivo, l’anno prossimo, dell’elettrica RZ 450e. In ballo ci sono poi sia la prestante Lexus Electrified Sports concept sia il possibile ingresso in nuovi segmenti di mercato, con modelli più compatti.

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