Nel mio ultimo post sul decreto Genova avevo scritto che volevo evitare le polemiche e perciò non mi ero molto soffermato sulle evidenti storture di quel decreto (varato dal governo Conte), specie con riferimento alle procedure di condono per Ischia. Purtroppo, il tenore di alcuni commenti che contestano le mie affermazioni, sfidandomi a fornire particolari, mi costringe ad una replica più articolata anche sotto il profilo tecnico, pur se tento di limitarmi all’indispensabile.
1. L’art. 25 del decreto legge 28 settembre 2018, n. 109 (comunemente chiamato decreto Genova) non contiene alcun condono, ma si propone di accelerare le richieste di condono pendenti per gli immobili distrutti o danneggiati a Ischia dal sisma di agosto 2017 e di concludere i procedimenti entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.
2. A tal fine disponeva, tra l’altro, che per le procedure da valutare a Ischia avevano “esclusiva applicazione” le regole del condono del 1985 (che, evidentemente, escludevano i vincoli dalle normative di contrasto del rischio sismico, vulcanico e idrogeologico imposti da leggi successive al 1985) e non quelle dei condoni successivi (ma anche essi precedenti al sisma) del 1994 e del 2003, che erano più ristretti e più rigorosi.
3. In particolare, la normativa del 1985 consentiva il condono di opere senza concessione edilizia o in difformità, opere insistenti su aree vincolate, opere in contrasto con alcune norme urbanistiche, opere in contrasto con la disciplina delle distanze minime (se non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico) ecc., richiedendo al massimo e, solo per alcuni casi, un parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo (art. 32).
4. Si deve al Parlamento se, nella conversione in legge del decreto Genova, pur mantenendo il riferimento esclusivo al condono del 1985, nell’art. 25 sono state apposte alcune condizioni limitative, in particolare con la necessità del previo rilascio del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico per la definizione delle istanze di condono presentate ai sensi del D.L. 269/2003 (cosiddetto terzo condono edilizio) e, per le istanze indicate, l’esclusione della sanatoria per le opere eseguite da soggetti condannati con sentenza definitiva per alcuni delitti (tra cui quello di associazione mafiosa).
5. Tuttavia, a questo proposito, si deve considerare che la costante giurisprudenza della Cassazione (v. tra le più recenti, Sez. 3 n. 26524 del 24/6/2020, Carbone, non massimata; Sez. 3, n. 40676 del 20/5/2016, Armenante, Rv. 268079; Sez. 3, n. 16471 del 17/02/2010, Giardina, Rv. 246759, nonché ex. pl. Sez. 3, n. 35222 del 11/4/2007, Manfredi e altro, Rv. 237373; Sez. 3, n. 38113 del 3/10/2006, De Giorgi, Rv. 235033; Sez. 4, n. 12577 del 12/1/2005, Ricci, Rv. 231315) ha sempre escluso, di regola, la possibilità di applicare il condono del 2003 in zone vincolate, a prescindere da un parere dell’ente preposto alla tutela del vincolo e anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Pertanto, nonostante le modifiche positive apportate in sede di conversione, l’esclusivo riferimento del decreto Genova al condono del 1985 comporta che opere non condonabili con il condono del 2003 perché costruite in aree con vincolo paesaggistico possano essere, invece, condonate con parere favorevole dell’autorità. Insomma, un bel regalo all’abusivismo.
Non avrei voluto aggiungere altro, ma il tenore di alcuni commenti di tipo squisitamente politico mi costringe a ricordare che l’inserimento delle norme per il condono per Ischia nel decreto Genova fu voluto molto fortemente dall’allora ministro Luigi Di Maio (disse: “Non c’è alcun condono a Ischia. Mi sono impegnato a aiutare quei cittadini. È gente abbandonata dallo Stato e dal Pd. Chi passa le giornate nei salotti non saprà mai cosa provano quelle persone”); con l’opposizione del ministro Sergio Costa (“Nel 2018 io non ero d’accordo con il condono edilizio. Credo di essere stato l’unico ministro ad aver detto allora anche no”) e del senatore Gregorio Di Falco, nonché l’astensione dell’on. Paola Nugnes. Defezioni, queste ultime, bollate dal capogruppo grillino al Senato, Stefano Patuanelli (“due persone che hanno tradito l’impegno preso con i cittadini”).
Francamente preferirei leggere che i 5stelle si adoperano per boicottare i condoni di abusi, non per agevolarli.