Diretta da Carlo A. Bachschmidt, fotografata e scritta da Stefano Barabino e Michele Ruvioli, l'opera è una sorta di riemersione del frammenti visivi di una resistenza popolare che pare fuori dal tempo e l’affermazione carsica di una identità locale anticapitalista che nulla ha a che vedere con sterili isolazionismi culturali
“Una resistenza comunitaria che oggi sembra fantascienza”. Dario Zonta, produttore creativo de La scelta, il documentario sull’oramai trentennale lotta No Tav in Val di Susa, passato all’ultimo Torino Film Festival, ha mirabilmente riassunto il senso e la profondità politica di questo lavoro in sette parole. Diretto da Carlo A. Bachschmidt, fotografato e scritto da Stefano Barabino e Michele Ruvioli, La scelta è una sorta di riemersione del frammenti visivi di una resistenza popolare che pare fuori dal tempo e l’affermazione carsica di una identità locale anticapitalista che nulla ha a che vedere con sterili isolazionismi culturali.
Bachschmidt osserva e contempla in campo lungo l’agire dello stato e dei resistenti. L’autostrada che continua – spesso e volentieri così vuota di mezzi che raddoppiarla fa quasi ridere – a funzionare lassù in alto sul viadotto, e sotto le tante formichine in divisa e quelle più sparute ma costanti dei manifestanti. Atti di sabotaggio come tagliare le reti dei cantieri, blocchi stradali, ogni genere di possibile rallentamento o stop dei lavori per non far arrivare mai in fondo l’ “opera strategica”. Ma è proprio qui che La scelta supera un qualsiasi reportage di cronaca. Perché non è che bloccare la Tav esaurisca del tutto l’attivismo dei protagonisti. Nulla pare fermarli. La Dosio con quella chiara impossibile pericolosità per le istituzioni statali; Abbà dal giorno in cui cadde fulminato dal traliccio dell’alta tensione passando dal carcere e dalla separazione dalla propria compagna; Grasso nel suo doppio e parallelo agire come combattente nel Rojava. La macchina da presa di Bachschmidt fende i rami, le foglie, le barriere Jersey, le reti metalliche e intanto la traiettoria di lotta dei singoli si spinge oltre l’individualità alla ricerca di una dignità collettiva che sembra un anelito nascosto dietro la sequenza successiva che verrà montata. La scelta sembra così un documentario in divenire sul concetto di resistenza impari, una lotta continua e inesausta, Davide contro Golia, ordine antico contro disordine nuovo, che pare disegnata oltre quel tunnel, oltre i tir che da Kiev andranno a Lisbona, oltre i tradimenti politici temporanei (l’intemerata di Perino verso i Cinque Stelle è esplicita), oltre l’istante in cui il sistema ingiusto sembra aver schiacciato l’atto del resistervi.