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Loro per arrivare in Qatar non hanno usato un comodo viaggio in prima classe. Per quattro anni hanno messo da parte i risparmi, sono partiti dell’Italia e hanno fatto gli scali più improbabili, hanno attraversato quattro Stati e macinato migliaia di chilometri in macchina o su pullman. Il tutto per realizzare il sogno del loro amico Yassin, che ha avuto un cancro e ancora sta combattendo la sua battaglia per sconfiggerlo definitivamente. È l’incredibile storia di quattro ragazzi italo-marocchini che hanno deciso di seguire il Marocco ai Mondiali, assistendo alle tre partite del girone F, quello infernale con dentro Croazia e Belgio. Davanti ai loro occhi si è compiuta l’impresa dei Leoni dell’Atlante, che hanno battuto il Belgio e si sono qualificati per gli ottavi di finale. Martedì 6 dicembre è in programma la sfida alla Spagna: Abdessamad, Ilias e il terzo amico, insieme a Yassin, sognano di proseguire il loro viaggio, di poter ancora tifare per il Marocco. E per questo motivo hanno lanciato una raccolta fondi (qui il link), nella speranza di essere aiutati a trovare gli ultimi biglietti ancora disponibili, anche se a prezzi folli.
“Sono 4 anni che programmiamo di vedere queste 3 partite del mondiale del Marocco”, raccontano i quattro ragazzi, tutti cittadini italiani, nati o cresciuti in Italia e di origini marocchine. “Chi l’avrebbe mai detto che il Marocco sarebbe arrivato primo nel suo girone? Senza riflettere bene, presi dall’euforia, a fine partita abbiamo modificato il programma del viaggio per cercare di vedere la partita degli ottavi allo stadio”. Un’euforia comprensibile, perché il passaggio del turno del Marocco è stata una delle grandi sorprese dei Mondiali, alla vigilia impronosticabile. Un’euforia comprensibile soprattutto per il significato di questo viaggio: Yassin, ancora due giorni prima di partire, ha dovuto fare un day hospital per alcune cure. Il cancro gli è stato diagnosticato ormai 5 anni fa, poi è cominciato il periodo più duro: la chemioterapia, terminata solo una decina di mesi fa, la malattia che sembrava prendere il sopravvento. Tuttora, spiegano i suoi amici, Yassin ha delle complicazioni dovute al suo stato di salute. Ma ha combattuto, ha lottato per guadagnarsi il sogno di assistere ai Mondiali.
Qui il link per sostenere la raccolta fondi
“Yassin è arrivato qui in Italia a 8 anni, ha dei ricordi ancora vivi del Marocco”, racconta a ilfattoquotidiano.it Saif Abouabid, esponente delle seconde generazioni in Italia. “Siamo un gruppo di amici, tutti cresciuti in Italia, da sempre facciamo il fantacalcio insieme”, spiega Abouabid. Tutti loro, quindi, sono appassionati di calcio e anche tifosi degli azzurri. Ma soprattutto Yassin sente forte il legame con le sue origini, l’occasione di tifare Marocco ai Mondiali era il regalo perfetto dopo anni di sofferenze. “Lo hanno fatto per amore verso le loro origini, per senso di identità e di appartenenza a due bellissimi paesi e culture, quella italiana ma anche a quella marocchina“, sottolinea Abouabid.
Adesso però il loro viaggio rischia di interrompersi sul più bello. Yassin e i suoi amici specificano che la raccolta fondi è destinata esclusivamente all’acquisto dei biglietti. “Anzi, se la Federazione marocchina o la Figc volessero aiutarli a trovare i biglietti sarebbe ancora meglio. I soldi non c’entrano”, spiega Abouabid. I ticket per assistere alla partita sono ormai introvabili. “Ora ci rimangono due soluzioni – scrivono nel loro appello – guardare la partita su un maxi schermo sentendo i cori pro Marocco fuori dallo stadio, o partecipare a quei cori per sostenere questo ‘sogno’ che non accadeva dall’86″. Erano 36 anni, infatti, che il Marocco non si qualificava agli ottavi di finale della Coppa del Mondo. Yassin e i suoi tre amici sperano di poter assistere a questo appuntamento storico e hanno chiesto aiuto (qui il link).
Ilfattoquotidiano.it intanto continuerà a tifare Marocco insieme a loro: “La vostra iniziativa ha fatto un enorme piacere alla comunità marocchina in Italia. Ci fa sentire una comunità presente, oltre i pregiudizi”, racconta Abouabid. “È un’azione sociale, fa sentire gli ‘stranieri’ meno stranieri. È qualcosa che ci fa bene come comunità”, conclude.