di Giorgio Volpe

Da tempo immemore i politici italiani promettono una strenua lotta all’evasione fiscale. Soprattutto in periodo di campagna elettorale tutti sembrano avere la soluzione in tasca, ma all’atto pratico il problema resta irrisolto. A volte, a giudicare dai discorsi che si sentono sui talk show, pare quasi che l’evasione sia diretta conseguenza di un tratto caratteristico e ineluttabile dell’italiano medio, geneticamente votato ad aggirare l’insopportabile imposizione fiscale nel segno dell'”accà nisciun’è fess”.

Non sono un economista né un esperto di diritto tributario, ma una cosa credo di averla capita: per combattere l’evasione fiscale è necessario, in primo luogo, un conflitto di interessi tra chi versa denari e chi li riceve. Se l’evasione di chi riceve fa scopa con il risparmio di chi esborsa… il sistema non può funzionare e l’evasione diventa praticamente inevitabile, quasi indotta. Pagando brevi manu e senza fattura, infatti, chi caccia il grano si vede scontare l’Iva e chi lo riceve intasca l’Irpef. Sia detto per inciso: l’Iva è una partita di giro che il prenditore dovrebbe versare all’erario, insieme a una percentuale sul netto che, a seconda della fascia di reddito, può superare il 40%. Chi paga, pertanto, risparmia sì il 22%, ma senza alcun sacrificio di chi apprende il denaro, che guadagna molto di più dall’operazione. Insomma: se proprio vi scappa di pagare in nero, cosa che sconsiglio vivamente, almeno fatevi scontare qualcosa in più dell’Iva, altrimenti vi fate buggerare.

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Se le spese documentabili fossero premiate con un vantaggio fiscale superiore a quello che si ottiene con un pagamento in nero, nessuno accetterebbe di pagare senza regolare ricevuta/fattura. Tutti pretenderebbero il documento attestante la transazione per poter fruire del vantaggio fiscale e lo Stato sicuramente ci guadagnerebbe, perché la percentuale di Irpef che i prenditori dovrebbero versare sarebbe certamente superiore allo sconto fiscale riconosciuto ai pagatori.

Chiaramente esistono altri aspetti del problema, anche molto rilevanti, come la “concorrenza sleale” tra paesi dell’Unione Europea in fatto di imposizione fiscale, fenomeno che permette ad aziende mastodontiche di drenare risorse dal nostro Paese senza pagare le tasse. Questi, però, sono temi fuori portata per qualunque governo, perché richiedono l’adozione di contromisure a livello internazionale. Il conflitto di interesse tra contribuenti italiani, invece, è una cosa che qualunque esecutivo potrebbe realizzare, se solo ci fosse la volontà di contrastare seriamente il fenomeno.

So anche che pene più severe per gli evasori secondo alcuni potrebbero agire da deterrente – basti pensare a paesi come gli Stati Uniti – ma personalmente preferisco soluzioni di altro tipo.

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Condoni fiscali, innalzamento della soglia del contante e degli importi che devono poter essere pagati con strumenti digitali non mi sembrano andare nella direzione di una lotta serrata all’evasione, che pure sarebbe utile per fronteggiare il presente e il prossimo futuro.

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