L'ex governatrice dell'Umbria era imputata nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto passante ferroviario di Firenze. Il gup di Roma, al quale era stato trasferito il fascicolo aperto nel capoluogo toscano, ha accolto così la richiesta di proscioglimento avanzata dagli stessi pubblici ministeri
È stata prosciolta anche dall’accusa di corruzione, con la formula “il fatto non sussiste”, la ex presidente di Italferr Maria Rita Lorenzetti nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto passante ferroviario di Firenze. Il gup di Roma, al quale era stato trasferito il fascicolo aperto nel capoluogo toscano, ha accolto così la richiesta di proscioglimento avanzata dagli stessi pubblici ministeri. Per Lorenzetti, già presidente della Regione Umbria e a lungo parlamentare dell’ex Pci e poi Pds, sono così caduti via via tutti i reati contestati. Per i reati ambientali era stata infatti già prosciolta dall’autorità giudiziaria di Firenze. A Roma, dove il procedimento era stato poi inviato per competenza, per Maria Rita Lorenzetti è quindi arrivato il proscioglimento dal reato associativo e da un’accusa di corruzione mentre per l’ultimo addebito relativo ad altra ipotesi di corruzione, nonostante la richiesta di archiviazione dal parte del pubblico ministero, il giudice aveva ordinato lo svolgersi dell’udienza preliminare. Ieri la conclusione anche di questo troncone con sentenza di non luogo a procedere “perché il fatto non sussiste”. Soddisfazione per l’esito del procedimento è stata espressa dai difensori di Maria Rita Lorenzetti, gli avvocati Eriberto Rosso e Luciano Ghirga. La ex governatrice umbra, che ha sempre rivendicato la correttezza del proprio comportamento, ha preferito non commentare la sentenza in attesa delle motivazioni.
L’ex presidente di Italferr era stata rinviata a giudizio il 10 marzo 2016 per l’inchiesta sui lavori al Tav a Firenze, appalto, secondo l’accusa, lievitato da 500 a 800 milioni di euro per la costruzione del tunnel sotto la città e di una stazione sotterranea. Il giudice dell’udienza preliminare Alessandro Moneti aveva ridotto da 33 a 20 il numero degli imputati ‘persone fisiche’, e da otto a sei le società. Il gup, che aveva prosciolto l’ex dirigente delle Infrastrutture Ercole Incalza, aveva anche rivisto diverse accuse, ‘asciugando’ dal capo d’imputazione episodi di corruzione e frode. L’inchiesta mise sotto la lente gli iter autorizzativi al progetto per i lavori Tav in città; lo smaltimento dei fanghi di scavo (fatti passare per normali terre e rocce riciclabili in agricoltura e smaltiti in siti normali); il macchinario-talpa ‘Monna Lisa’, cioè la fresa per lo scavo del tunnel, montata ma mai entrata in funzione perché non in efficienza; i costi dell’opera aumentati per rilievi contrattuali pretestuosi; i presunti fittizi adempimenti contrattuali. Lorenzetti – che nel 2013, insieme ad altri cinque indagati, fu anche arrestata ai domiciliari, era tornata in libertà per decisione del Tribunale del Riesame. Ora la conclusione di tutto il procedimento.