La proposta di regolamento, sottolinea Bruxelles, fornirà chiarezza giuridica a tutti i tipi di famiglie che si trovano in una situazione transfrontaliera all’interno dell’Ue e consentirà quindi ai minori di beneficiare dei diritti derivanti dalla genitorialità. Von der Leyen: "Vogliamo aiutare tutte le famiglie e i bambini. Se si è genitori in un Paese, lo si è in tutti i Paesi"
I genitori dello stesso sesso e i loro figli riconosciuti come una famiglia in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. È uno dei principi al centro della proposta di regolamento presentata oggi dalla Commissione Ue per armonizzare le norme di diritto internazionale privato sulla genitorialità. Una proposta, spiega Bruxelles, “incentrata sull’interesse superiore e sui diritti del bambino“. La Commissione infatti sottolinea che “la genitorialità stabilita in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuta in tutti gli altri Stati membri, senza alcuna procedura speciale”, incluso il riconoscimento per i “genitori dello stesso sesso“.
Il regolamento, cioè una legge direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, si base su un concetto: se una persona è genitore in uno Stato dell’Ue, deve esserlo anche in tutti gli altri, a prescindere dal tipo di famiglia e a prescindere da come il figlio è nato o da come è stato concepito. “Orgogliosa delle nuove norme che presentiamo oggi sul riconoscimento della genitorialità nell’Ue. Vogliamo aiutare tutte le famiglie e i bambini in situazioni transfrontaliere: perché se si è genitori in un Paese, lo si è in tutti i Paesi“, scrive su Twitter la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Nella proposta di regolamento presentata oggi “rendiamo molto chiaro che il riconoscimento della genitorialità” in un altro Stato membro dell’Ue “non può essere rifiutato” solo perché i genitori sono “una coppia dello stesso sesso“, spiega il commissario europeo alla Giustizia Didier Reynders, presentando, in conferenza stampa a Bruxelles, la proposta di regolamento che mira a far sì che la genitorialità stabilita in un Paese Ue venga riconosciuta anche negli altri. Sono “due milioni” in Europa i bambini che potrebbero trovarsi in una situazione simile, cioè avere genitori che sono tali per lo Stato Ue in cui sono nati ma non in quello in cui si sono trasferiti, aggiunge Reynders. “I Paesi membri rimarranno liberi di decidere chi può diventare genitore ai sensi del loro diritto nazionale e la nostra proposta non si applicherà a situazioni puramente nazionali prive di elementi transfrontalieri”, chiarisce Reynders.
La proposta, che per diventare legge necessita comunque dell’approvazione all’unanimità in Consiglio, riguarda tutti i bambini i cui genitori sono stati riconosciuti in uno Stato membro, e che si trovano in un altro Paese Ue, a prescindere da come il bambino è nato o da come è stato concepito, dal tipo di famiglia e a prescindere dalla nazionalità del bimbo o dei genitori. La proposta di regolamento, sottolinea la Commissione, fornirà chiarezza giuridica a tutti i tipi di famiglie che si trovano in una situazione transfrontaliera all’interno dell’Ue, sia perché si spostano da uno Stato membro all’altro per viaggiare o risiedere, sia perché hanno familiari o beni in un altro Stato membro.
Il diritto dell’Unione così come interpretato dalla Corte di Giustizia europea, in particolare in materia di libera circolazione, prevede già che la genitorialità stabilita in uno Stato membro sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri per alcune finalità: accesso al territorio, diritto di soggiorno, non discriminazione con i cittadini. Tuttavia, non è così per i diritti derivanti dal diritto nazionale. La proposta di regolamento, se approvata, consentirà ai minori in situazioni transfrontaliere di beneficiare dei diritti derivanti dalla genitorialità in base al diritto nazionale, in questioni come la successione, il mantenimento, l’affidamento o il diritto dei genitori di agire in qualità di rappresentanti legali del minore (per questioni scolastiche o sanitarie).