Torna a surriscaldarsi il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam che fa da riferimento per gli scambi europei. Un megawattora si scambia oggi ad oltre 150 euro, circa 45 euro in più rispetto ad un mese fa. Le quotazioni avevano attraversato un periodo di tregua nelle ultime settimane dopo che i paesi Ue avevano completato il riempimento degli stoccaggi e grazie a temperature insolitamente miti. Ora con l’ingresso nella stagione invernale e con indicazioni meteo non particolarmente favorevoli i prezzi sono tornati a salire. La Russia ha ridotto le fornitura all’Europa attraverso i gasdotti (al Tarvisio, hub italiano per per l’ingresso del gas russo, arriva circa 1/3 dei quantitativi pre-guerra) ma ha fortemente aumentato quella di gas liquefatto (gnl), trasportato via nave e più caro. In Europa intanto non si riesce a trovare la quadra per quanto riguarda l’imposizione di un tetto al prezzo del gas russo. L’ultima proposta messa sul tavolo dalla presidenza ceca è quella di un price cap fisso a 220 euro al megawattora. Ammesso che si trovi un accorso una soluzione estremamente blanda.

Così come non sembra particolarmente punitivo il prezzo adottato per il petrolio a 60 dollari al barile. Oggi il greggio viene scambiato sui mercati a 78 dollari al barile ma i carichi russi vengono già venduti a sconto per le complicazioni che il suo commercio comporta. L’impressione degli esperti è che si tratti di un prezzo che ridurrà solo marginalmente gli incassi di Mosca con il rischio di assicurare al Cremlino le risorse per finanziare una “guerra senza fine”. Il petrolio è la vera macchina da soldi per la Russia. Nel 2019 ha garantito introiti per 188 miliardi di dollari a fronte dei circa 50 miliardi riconducibili alle esportazioni di gas. La volontà di chi ha deciso il tetto al prezzo è stata quella di mantenere comunque sul mercato le forniture russe anche di fronte alla riottosità degli altri grandi paesi produttori a compensare l eventuale venir meno dei flussi di Mosca.

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