Si chiamerà Tempest e dovrebbe essere operativo nel 2035, con l’avvio della fase di sviluppo nel 2024. L’Italia, il Regno Unito e il Giappone hanno stretto un’alleanza “senza precedenti” nel settore della difesa per lo sviluppo e la costruzione del caccia militare da combattimento del futuro, un jet supersonico di sesta generazione destinato a sostituire l’attuale Eurofighter Typhoon (frutto della collaborazione tra Italia, Regno Unito, Germania e Spagna). I tre Paesi hanno dunque annunciato il Global Combat Air Programme che, di legge in una nota congiunta di Palazzo Chigi, “accelererà le nostre capacità militari avanzate e il nostro vantaggio tecnologico. Approfondirà la nostra cooperazione nel campo della difesa, la collaborazione scientifica e tecnologica, le catene di fornitura integrate e rafforzerà ulteriormente la nostra base industriale della difesa”. Un progetto che, per le sole fasi di ricerca e sviluppo, costerà all’Italia 6 miliardi di euro.

“Come Capi di Governo di Italia, Giappone e Regno Unito, siamo impegnati a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, più importante che mai in un momento in cui questi principi vengono contestati e in cui crescono minacce ed aggressioni – si legge ancora nella nota -. Poiché la difesa della nostra democrazia, della nostra economia, della nostra sicurezza e della stabilità regionale riveste una sempre maggiore importanza, abbiamo bisogno di forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile. Le nostre tre nazioni – prosegue il comunicato – hanno relazioni strette e di lunga data, basate sui valori di libertà, democrazia, diritti umani e Stato di diritto. Stiamo oggi compiendo il passo successivo nel rafforzamento del nostro partenariato trilaterale”, scrivono i leader dei tre Paesi. E il Gcap servirà a sviluppare “ulteriormente i nostri rapporti di lunga data in materia di difesa.

Il programma “produrrà benefici economici e industriali ad ampio raggio, sostenendo l’occupazione in Italia, in Giappone e nel Regno Unito. Attirerà investimenti in ricerca e sviluppo nella progettazione digitale e nei processi di produzione avanzati. Fornirà opportunità per la prossima generazione di tecnici ed ingegneri altamente qualificati. Lavorando insieme in uno spirito di equo partenariato, condividiamo costi e benefici di questo investimento nelle nostre risorse umane e nelle nostre tecnologie”. Il programma inoltre “sosterrà la capacità sovrana di tutti e tre i Paesi di progettare, fornire e aggiornare capacità aeronautiche di difesa all’avanguardia, con uno sguardo rivolto al futuro”. Il Gcap è stato pensato “tenendo i nostri Alleati e partner al centro della nostra attenzione. La futura interoperabilità con gli Stati Uniti, con la Nato e con i nostri partner in Europa, nell’Indo-Pacifico e a livello globale si riflette nel nome che abbiamo scelto per il nostro programma. Questo concetto sarà al centro del suo sviluppo“. Le intenzioni di Italia, Giappone e Regno Unito sono di “rendere questo velivolo il fulcro di un più ampio sistema di combattimento aereo che opererà in molteplici ambiti” e di garantire che il programma possa diventare “una pietra miliare della sicurezza globale, della stabilità e della prosperità nei decenni a venire”.

Una lettura che non convince, però, gruppi come Rete Italiana Pace e Disarmo che sottolinea come il costo complessivo dell’opera per le sole fasi di ricerca e sviluppo costerà a Roma un investimento da 6 miliardi di euro: “2 miliardi sono già stati approvati dal Parlamento – spiega Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete -, mentre nell’ultimo Documento Programmatico Pluriennale la pianificazione già prevista ammonta a 3,7 miliardi”. Poi, eventualmente, a questo esborso si aggiungerà quello per i costi di acquisizione. “Dopo aver insistito sulla ‘necessità di un caccia Europeo’ (l’Eurofighter), poi di un ‘caccia con standard condivisi Nato che fosse interoperabile’ (gli F35), adesso la proposta riguarda una nuova tipologia di collaborazione che fondamentalmente è solo derivante da logiche e vantaggi industriali, legati alla presenza di Leonardo nel Regno Unito e alla collaborazione con BAE Systems – commenta Vignarca – Si cambia quindi approccio e giustificazione ogni volta perché il vero obiettivo è quello di dare sostegno al comparto militare-industriale“.

(immagine del render dal sito di Royal Air Force)

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