Il presidente serbo e la sua "sottomissione" al volere dell'omologo russo stanno riportando il Paese nel caos, spinto dai nazionalismi interni. E' questa la convinzione di Zivkovic: una situazione che rischia di compromettere l'entrata di Belgrado nell'Unione europea, anche a fronte di una situazione molto delicata nei rapporti con il Kosovo
Per Zoran Zivkovic, ex primo ministro della Serbia e fondatore di Millenijum, ong apartitica nata con l’obiettivo di sviluppare la democrazia e l’impatto dei cittadini sulla società, non ci sono dubbi: il presidente Aleksandar Vucic e la sua “sottomissione” al volere di Vladimir Putin stanno riportando il Paese nel caos, spinto dai nazionalismi interni. Una situazione che, racconta a Ilfattoquotidiano.it, rischia di compromettere anche l’entrata di Belgrado nell’Unione europea, anche a fronte di una situazione molto delicata nei rapporti con il Kosovo.
Qual è la sua opinione sulla politica estera della Serbia da quando c’è Aleksandar Vucic al potere? La Serbia riuscirà mai a entrare nell’Unione europea?
“In Serbia è al potere il regime di Aleksandar Vucic. Le elezioni parlamentari sono una farsa con frodi elettorali e arretratezza, il governo è un agglomerato di apologeti di Vucic senza né carattere né competenze necessarie. La magistratura è sotto il suo controllo, tutt’altro che indipendente, e questo vale anche per le altre istituzioni statali. Il controllo del regime sui media è dominante. I media, con le loro bugie, aiutano il dittatore a mentire e di conseguenza a ingannare i cittadini. Certo, c’è anche una buona parte della popolazione che ci crede e si giova di queste bugie. La Serbia in questo modo non entrerà mai nell’Ue. Sono Vucic e il suo regime a non volerlo, anche se mentono ogni giorno dicendo che l’Europa fa parte della loro politica”.
Secondo lei il Kosovo è ancora da considerarsi parte della Serbia? E qual è l’opinione dei serbi su questo argomento?
“Kosovo e Metohija, sfortunatamente, sono stati persi nella guerra del 1999, una guerra che abbiamo perso a causa della Nato. Quella guerra è nata per via delle politiche malate e insensate del precedente dittatore serbo, Slobodan Milosevic. La reazione del mondo è stata esagerata, sanguinosa e disastrosa per i cittadini della Serbia, ma ciò non diminuisce la colpa del regime in quel momento. Pertanto, Kosovo e Metohija sono stati persi nella guerra e solo attraverso una nuova guerra si può realisticamente tornare alla composizione originaria della Serbia. Quella guerra sarebbe una nuova guerra con la Nato e sicuramente noi la perderemmo. È per questo che dovremmo cercare una soluzione pacifica che sia pratica e rispetti anche gli interessi minimi della Serbia e dei suoi cittadini. L’unica soluzione che garantirebbe la pace eterna tra serbi e albanesi in quel territorio è la divisione del Kosovo e Metohija nella parte settentrionale, più piccola, dove i serbi sono la maggioranza, e nella parte meridionale, più ampia, dove prevalgono gli albanesi. Naturalmente, ciò implicherebbe anche una protezione assoluta, garantita da forze internazionali, dei serbi e degli interessi statali serbi nel Sud e degli albanesi e dei loro interessi nel nord del Kosovo e della Metohija”.
Vucic ha recentemente incontrato l’ambasciatore russo, Aleksandar Bostan-Kharchenko. Considerando gli ultimi sviluppi in Kosovo, come percepisce l’influenza di Mosca?
“Per sua volontà e decisione, Vucic ha posto se stesso, e di conseguenza la Serbia, nel ruolo di un burattino russo. L’influenza della Russia è evidente in molti aspetti e decisioni del regime serbo. Ciò è evidente attraverso il controllo dei media, l’abuso delle istituzioni statali e la violazione dei diritti umani fondamentali, ma anche attraverso la condotta della politica estera. Questo è anche il caso delle policy implementate sul problema del Kosovo e Metohija, anche se la posizione della Russia nei confronti dell’Ucraina è completamente opposta a quella della Serbia nei confronti del Kosovo”.
Il presidente serbo è fermamente contrario alle sanzioni alla Russia, qual è la sua opinione in merito?
“Il burattino di Putin, Vucic, non può e non vuole imporre sanzioni giustificate alla Russia, anche se le merita assolutamente a causa della sua aggressione contro l’Ucraina. Tale decisione è ancora più priva di significato se concludiamo legittimamente che la Russia si trova oggi nella posizione che aveva la Nato nel caso del Kosovo”.
Inoltre, 100mila russi in fuga dalla chiamata alle armi di Putin hanno trovato rifugio a Belgrado. Cosa significa per il rapporto tra Serbia e Russia?
“I russi a Belgrado e in altre città della Serbia sono persone che non supportano la politica aggressiva di Putin per motivi e interessi personali e di civiltà. Hanno scelto la Serbia per la vicinanza del carattere e l’accessibilità delle condizioni per la sopravvivenza di loro stessi in quanto rifugiati. Il regime russo non ha problemi con tutto ciò perché la polizia e i servizi segreti comandati da Vucic monitorano e controllano la condizione e il comportamento dei rifugiati russi”.
La scorsa primavera i serbi filorussi hanno marciato a Belgrado sventolando la bandiera russa. Cosa cerca la Serbia, l’Europa o la Russia?
“La Serbia è divisa sulla questione dei rapporti con l’Europa e la Russia. La metà di queste persone è ingannata da decenni di propaganda sulla ‘fratellanza’ fra serbi e russi e sui presunti aiuti che da secoli la Russia avrebbe fornito e fornirebbe alla Serbia. Non ci sono prove reali per questo. Chiedo sempre ai filorussi perché non hanno niente di russo in casa, perché non vanno l’estate o l’inverno in Russia e perché non mandano lì i loro figli a studiare, a trascorrere del tempo oppure a ricevere cure quando ne hanno bisogno. Nonostante tutto, c’è anche chi guarda all’Occidente”.
La Serbia afferma che alcuni droni sono entrati nello spazio dal Kosovo. Inoltre, diversi veicoli militari sono stati visti avvicinarsi al confine. Lei teme che possa scoppiare una nuova guerra?
“È un’altra performance da operetta di Vucic con la quale cerca di convincere i cittadini della Serbia che siamo minacciati ma che lui ci difenderà e ci salverà da ogni male. Non ci sarà guerra, lui sa che sarebbe un conflitto armato non contro gli albanesi del Kosovo ma contro la Nato e qui la sconfitta è inevitabile”.
Cosa pensa della decisione di molti serbi di dimettersi dalle istituzioni del Kosovo?
“Questa è un’altra prova delle bugie di Aleksandar Vucic. Da decenni dice di non riconoscere l’indipendenza del Kosovo, ma gli esponenti del suo partito sono presenti nelle istituzioni ufficiali dello stesso Kosovo. Fino a ieri ricoprivano il ruolo di ministri e deputati ed erano presenti anche in tanti altri incarichi statali. Abbandonare quelle istituzioni è una mossa propagandistica che dovrebbe confermare quella che è la favola del ‘patriottismo’ di Vucic e delle sue pedine. Questo non porterà nulla di buono alla Serbia, né ai serbi in Kosovo”.
A settembre Vucic ha incontrato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. La Cina non riconosce l’indipendenza di Taiwan e la stessa logica vale per la Serbia con il Kosovo. Come si è sviluppato il rapporto tra Serbia e Cina nell’ultimo periodo?
“Ogni Paese del mondo ha una comunicazione più o meno intensa con la Cina. Questa è una conseguenza delle sue dimensioni, sia che la consideriamo un mercato, un gigante industriale o una potenza militare. Alcuni sono con la Cina perché sono costretti a farlo a causa di una delle caratteristiche citate e altri hanno intense amicizie di loro spontanea volontà. La Serbia ha bisogno della Cina per i motivi di cui sopra, ma anche per la volontà di Vucic di presentarsi ai serbi come una grande figura politica che è in rapporti amichevoli con i più potenti del mondo. Ecco perché a volte va a inginocchiarsi alla Casa Bianca, al Cremlino o all’Eliseo. La Cina ha bisogno della Serbia come porta d’ingresso in Europa”.
Possiamo aspettarci da Vucic un tentativo di riportare sotto Belgrado anche l’entità serba in Bosnia-Erzegovina? Anche Milorad Dodik, il leader serbo in Bosnia, è molto vicino a Putin.
“Questi sono i loro desideri irraggiungibili. Sono incapaci di fare qualsiasi cosa tranne che dire bugie e contribuire al primitivismo e alla corruzione. La Bosnia-Erzegovina è uno stato incompiuto. Quel territorio non è mai stato uno Stato e ancora oggi è conseguenza di un’architettura politica dalle fondamenta sottili e instabili. Gli accordi di Dayton hanno portato un grande vantaggio in quanto la guerra è finita e musulmani, croati e serbi oggi sono al sicuro in Bosnia-Erzegovina. Ma raramente vivono l’uno con l’altro, vivono però l’uno accanto all’altro. Pertanto, dobbiamo trovare una soluzione permanente in cui tutti, o almeno la stragrande maggioranza, siano soddisfatti e ciò non è impossibile.”
Qual è la situazione della minoranza albanese nel Presevo (Serbia) e come questa minoranza percepisce le proteste in Kosovo? Le minoranze sono ben rappresentate in Serbia?
“La minoranza albanese in Serbia ha uno status e una posizione molto più favorevoli rispetto ai serbi nel territorio del Kosovo. Questo vale anche per altre minoranze del Paese ed è merito dei processi che si sono svolti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Certo, il loro status non è perfettamente risolto, ma le condizioni di vita che si applicano a tutti i cittadini serbi sono molto peggiori”.