Il ministero delle Imprese e del Made in italy conferma la notizia anticipata da Repubblica: a essere interessato allo stabilimento della Lukoil è un gruppo che fa riferimento all'uomo d'affari qatarino Ghanim Bin Saad Al Saad e ad altri investitori italiani. A presentare la cortata al governo sarebbe stato un team di consulenti di cui fa parte l’ex segretario dei Ds
Non solo il fondo americano Crossbridge. Per rilevare la raffineria di Priolo spunta anche un altro possibile compratore. Una cordata che viene dal Qatar e che si avvale anche della collaborazione di Massimo D’Alema. A confermare la notizia anticipata dal quotidiano Repubblica è il Ministero delle Imprese e Made in Italy. Il dicastero guidato da Adolfo Urso spiega infatti “che sono in corso interlocuzioni con varie aziende nazionali e internazionali interessate all’acquisizione dell’impianto Isab di Priolo a conferma del valore dell’impresa stessa. In funzione del ruolo strategico che l’impianto riveste per garantire l’approvvigionamento energetico del Paese a tutti i soggetti interessati è stato illustrato il contesto legislativo previsto dal golden power al fine di garantire lo sviluppo del polo produttivo anche per quanto riguarda la produzione, i livelli occupazionali e il pieno rispetto delle norme ambientali”.
La conferma del ministero arriva “in merito alle ultime notizie di stampa” e si riferisce dunque alla cordata qatarina che farebbe riferimento all’uomo d’affari Ghanim Bin Saad Al Saad e ad altri investitori italiani. Secondo Repubblica a presentare la cortata al governo sarebbe stato un team di consulenti di cui fa parte l’ex premier Massimo D’Alema. Saad Al Saad a Doha ha creato circa 30 anni fa la conglomerata Gssg formata da 45 aziende in settori diversi come l’aviazione, l’immobiliare, le gestioni patrimoniali, le comunicazioni, oltre agli idrocarburi. Una delegazione della nuova codata, sempre secondo quanto scrive Repubblica, avrebbe quindi incontrato nei giorni scorsi a Roma il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che col ministro Urso e col ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti si occupa del caso di Priolo.
Per una mera coincidenza la notizia della cordata qatarina interessata alla raffineria di Priolo è stata divulgata nel stesso giorno in cui un’inchiesta su una presunta corruzione da parte del Qatar per influenzare le decisioni del Parlamento europeo ha portato all’arresto di quattro persone. A essere coinvolto è l’ex europarlamentare Antonio Panzeri, al quale sono stati trovati 500mila euro in contanti all’interno della sua residenza di Bruxelles. Ex sindacalista, deputato Ue del Pd e poi Articolo1, già presidente della sotto commissione per i diritti Umani, Panzeri è accusato di essere stato corrotto dal Paese del Golfo per influenzare le decisioni politiche del Parlamento europeo sui Mondiali di Calcio. A livello politico è uno storico appartenente della corrente di Massimo D’Alema. L’ex segretario dei Ds, come è noto, è fuori dalla politica attiva dal 2013, quando non si ricandidò alla Camera. In seguito ha guidato una scissione dal Pd di Matteo Renzi per fondare Articolo 1 (partito al quale aderì pure Panzeri). Poi, dal 2018, D’Alema ha iniziato a lavorare come consulente, sia con la sua Dl&M ma pure per il colosso Usa Ernst& Young.
Sulla raffineria di Priolo, che appartiene alla russa Lukoil, il governo sta cercando di evitare la chiusura dell’impianto, che dà lavoro a circa quattromila persone compreso l’indotto e fornisce il 20% dei carburanti utilizzati in Italia. Il primo giorno di dicembre l’esecutivo ha emesso un decreto per pone sotto amministrazione fiduciaria la raffineria, la stessa strada seguita dalla Germania per alcuni impianti di Rosneft sul suo territorio. Questo dovrebbe mettere le banche in condizione di riprendere ad erogare credito e assicurare i carichi di greggio della raffineria che potrebbe così tornare a rifornirsi anche su altri mercati e non solo da quello russo. La prima ondata di sanzioni aveva infatti precluso alla raffineria la possibilità di acquistare sul mercato lasciandole come unica possibilità quella di affidarsi ai rifornimenti della casa madre. Con l’entrata in vigore, dal 5 dicembre, dell’embargo europeo sul greggio di Mosca, Priolo rischiava di rimanere velocemente senza materia prima da raffinare. Scartata l’ipotesi, non percorribile, di chiedere una deroga all’embargo, dall’esecutivo si era anche avanzata l’ipotesi di una nazionalizzazione.