La Corte Suprema ha approvato sabato la sentenza di esecuzione imminente per Mohammad Broghani, accusato di "guerra contro Dio" e condannato a morte per la sua presunta partecipazione alle proteste. Condannato anche Saman Yasin mentre sono in arresto i cantanti Toomaj Salehi e Behrad Ali Konari
Il regime iraniano reprime nel sangue con sempre maggiore violenza le proteste dei manifestanti scesi in piazza per la libertà dopo la morte di Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale con l’accusa di non indossare correttamente il velo islamico. La Corte Suprema ha approvato sabato la sentenza di esecuzione imminente per Mohammad Broghani, accusato di “guerra contro Dio” e condannato a morte per la sua presunta partecipazione alle proteste. E’ la terza condanna in pochi giorni. Gli è stato negato l’accesso ad un avvocato, scrive su Twitter il giornalista di Bbc monitoring Khosro Kalbasi Isfahani. In un altro messaggio sul social il reporter riferisce che un membro del Parlamento ha protestato per l’esecuzione del manifestante Mohsen Shekar di due giorni fa lamentandone la “lentezza” perché nella Sharia “le esecuzioni devono essere eseguite istantaneamente”. Almeno altri 18 detenuti rischiano di essere ‘giustiziati’.
Dopo l’impiccagione del rapper Mohsen Shekari, due giorni fa, anche il rapper Saman Yasin è stato condannato a morte, “colpevole” di aver scritto canzoni che, secondo quanto hanno sostenuto le autorità di Teheran, “incitano alla rivolta” contro la Repubblica islamica. La decisione è stata comunicata alla famiglia del cantante, come spiega Nessuno Tocchi Caino. Sui social gli attivisti iraniani sottolineano come Yasin non sia l’unico rapper finito dietro le sbarre: insieme a lui sarebbero stati arrestati anche i cantanti Toomaj Salehi e Behrad Ali Konari, attualmente nel braccio della morte.
Intanto Amnesty International dà notizia che almeno 44 minori sono morti in Iran dall’inizio delle proteste: 34 sono stati uccisi da proiettili mirati al cuore, al capo e ad altri organi vitali. Altri quattro da pallini di metallo esplosi da breve distanza; cinque, tra cui una ragazza, sono morti a seguito di pestaggi. Infine, una minorenne è morta dopo essere stata colpita al capo da un candelotto lacrimogeno. Amnesty ha denunciato la morte di un bambino di due anni e di uno di sei anni a Zahedan, nel sud-est del Paese, e ha affermato che le altre vittime avevano tra i 9 e i 18 anni. Le agenzie di sicurezza – riferisce il rapporto – hanno avvolto i corpi dei bambini in sudari e li hanno consegnati alle famiglie pochi minuti prima della prevista cerimonia di sepoltura. Le autorità iraniane hanno negato la responsabilità dell’uccisione di almeno 19 bambini e attribuito la morte di 12 di loro ai gruppi di opposizione e l’uccisione degli altri sei a incidenti. Dei 44 bambini uccisi, 18, vale a dire più del 40%, sono stati uccisi nel Sistan e nella provincia del Baluchistan e il 20% è stato ucciso nelle città curde dell’Iran.