Tre ipotesi per la morte di Saman Abbas, a 18enne pachistana per il cui omicidio sono indagati o imputati i familiari. L’analisi del corpo integro della giovane uccisa perché si opponeva a un matrimonio combinato ha indotto gli esperti a soffermarsi su una specie di ferita appena sotto il mento. Anche se non è ancora sicuro come sia stata uccisa. L’autopsia, terminata ieri sera alle 21.30, non è infatti riuscita a definire con certezza le cause della morte, che dovranno essere approfondite, appunto, con un’appendice di indagini che sarà sempre svolta alla presenza dei legali e dei consulenti coinvolti. L’esame autoptico ha rivelato un corpo integro, ma saponificato. La giovane potrebbe essere stata strangolata, soffocata, oppure si potrebbe trattare di un taglio. Per l’avvocato Riziero Angeletti, parte civile nel procedimento con l’Unione delle Comunità islamiche in Italia, “da questo primo esame parziale ma certamente importante ne è derivata una considerazione sulle modalità di esecuzione dell’uccisione della ragazza – ha detto l’avvocato al microfono di Rainews24 – che forse non corrispondono a quelle che pensavamo fino ad oggi e certamente sono più atroci”.
L’avvocato Barbara Iannuccelli (parte civile per l’associazione Penelope) precisa però: “Dall’analisi esterna del corpo sono emersi scollamenti e abrasioni che possono essere dettati dall’effetto tappo, essendo stata sotto terra per un anno e mezzo”. Sui resti individuati alle indicazioni fornite agli inquirenti dalla zio Danish Hasmain, accusato dell’omicidio con i genitori e i cugini, sono al lavoro l’anatomopatologa Cristina Cattaneo e l’archeologo forense Dominic Salsarola. Anche se non è ancora pronto l’esame del Dna non ci sono più dubbi che quel cadavere non si della 18enne: i capelli e gli oggetti indossati, come i braccialetti che portava alle caviglie e quei tre orecchini, e gli abiti come la canottiera bianca e la giacca. Gli indumenti con i quali è stata ripresa la notte della sua morte.
Nei prossimi giorni saranno svolti, al laboratorio Labanof dell’Università di Milano, gli esami istologici sugli organi e i tessuti. Gli esami istologici serviranno anche per capire se le ferite sul corpo sono scollamenti di tessuto avvenuti dopo la morte o se sono lesioni irrorate di sangue e quindi, potenzialmente, tracce di ferite da arma da taglio. Dettagli fondamentali per la ricostruzione della vicenda, ma che, appunto, devono essere approfonditi con ulteriori esami. Il laboratorio ha tempo fino a fine gennaio per depositare i risultati dell’autopsia. Il 10 febbraio, invece, a Reggio Emilia, comincerà il processo a carico dei familiari che sono accusati di averla uccisa.
Della 18enne di origini pachistane non si avevano più notizie dalla primavera del 2021, dopo che si era opposta a un matrimonio forzato. Per la sua scomparsa la procura di Reggio Emilia ha indagato cinque persone: due cugini e uno zio (tutti detenuti nel carcere della città emiliana, dopo essere stati rintracciati all’estero), il padre Shabbar (arrestato in Pakistan nelle settimane scorse) e la madre, che resta ancora l’unica parente irreperibile. Tutti loro conoscevano l’immobile diroccato di Novellara dove sono stati trovati i resti, distante giusto qualche centinaia di metri dall’azienda per la quale lavoravano. Nel corso dell’inchiesta era emerso che proprio lo zio e due cugini erano stati ripresi dalle telecamere di un capannone, pochi giorni prima della scomparsa della giovane, mentre camminavano con secchi e badili in mano verso i campi vicini all’azienda agricola. Immagini che – ad avviso dell’accusa – confermerebbero come i tre abbiano scavato una buca in attesa di compiere il delitto della 18enne. La notte dell’omicidio, sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, Saman Abbas – come confermato da altri video – era uscita di casa insieme ai genitori. La madre e il padre rientrarono poco dopo senza la figlia e lo zio, come afferma il fratello minore della 18enne, era tornò in casa circa un’ora e mezza dopo.