Decine di persone passate dai campi di detenzione in Libia, vittime e testimoni di violazioni dei più elementari diritti umani, si sono date appuntamento davanti alla sede dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati a Ginevra per protestare in occasione della “Giornata mondiale per i diritti umani”. “L’Unhcr, agenzia dell’Onu che dovrebbe tutelarci – spiega il movimento Refugees in Libya, composto da persone rifugiate bloccate in Libia e da chi da quel paese è riuscito a fuggire – ha una sede nella capitale libica che risulta completamente disinteressata ai profughi e non fa nulla per garantire la protezione umanitaria di cui siamo portatori”.

Una contestazione iniziata davanti alla sede dell’Unhcr a Tripoli, in Libia, che prosegue adesso davanti al quartier generale alle Nazioni Unite: “Chiediamo l’evacuazione sicura dei rifugiati dalla Libia verso Paesi sicuri – spiega a ilfattoquotidiano.it il portavoce del movimento Refugees in Libya David Yambio, anch’esso a lungo detenuto nei campi di detenzione e testimone diretto delle violazioni quotidiane che avvengono in Libia – abbiamo costruito la piattaforma “Unfair Agency” per denunciare il trattamento ingiusto da parte dell’Unhcr a Tripoli, totalmente succube delle milizie locali”. Così oltre trecento rifugiati sopravvissuti ai campi libici e alla rotta del Mediterraneo si sono ritrovati a Ginevra assieme ai solidali europei per chiedere anche un intervento ufficiale da parte dell’Alto Commissariato in cui venga condannato il finanziamento alla cosiddetta ‘guardia costiera’ libica: “È inconcepibile che l’Italia paghi le stesse milizie che gestiscono i campi di detenzione per occuparsi di intercettare le imbarcazioni in fuga dalla Libia e recluderle nuovamente, in un cinico giro di affari tra stati e criminali che viene portato avanti sulla nostra pelle”.

Tra le realtà che animano a livello europeo la neonata rete “Solidarity with refugees in Libya” al fianco dei rifugiati c’è il movimento Abolish Frontex, Alarm Phone e diverse ONG che si occupano di monitoraggio e salvataggio in mare, tra le quali l’unica battente bandiera italiana è Mediterranea Saving Humans: “Siamo qui perché ascoltiamo quello che ci raccontano ogni giorno le persone passate dalla Libia – spiega Tiziano Schiena – migliaia di persone sono bloccate, sfruttate, imprigionate e uccise in Libia grazie ai soldi dell’Unione Europea mentre l’Unhcr rimane spettatore passivo. Con questa rete riteniamo sia tempo di chiedere una riforma dell’Alto Commissariato, che metta davvero al centro la difesa dei rifugiati per il quale è stato fondato anziché quella dei confini per la quale sembra lavorare”.

Tra i bersagli più chiari ai manifestanti è il “Memorandum Italia-Libia” partorito dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti: “Pagare torturatori e finanziare le milizie chiamandole ‘guardia costiera’ è un atto di terrorismo – hanno ribadito i manifestanti che hanno animato i due giorni di protesta – gli stati europei stanno deliberatamente torturando e uccidendo delle persone, certo lo fanno lontano dalla vista e delegandolo ad altri, ma è questa essenzialmente la natura dell’esternalizzazione delle frontiere europee e la delega a ‘partner extra-europei’ delle ‘pratiche di accoglienza delle domande di asilo’ di cui molti governi sembrano andare fieri”.

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