La premier Giorgia Meloni continua a difendere la scelta di eliminare l’obbligo di accettare pagamenti digitali sotto una certa cifra. Parlandone ai capigruppo di maggioranza ha sostenuto, stando alle veline di Chigi, che se le commissioni per l’uso del pos fossero a carico dei cittadini “nessuno pagherebbe un caffè” con carta o bancomat. A suggerire che tutti – commercianti e consumatori – traggono beneficio da compravendite in contanti perché i costi si azzerano. Ma è davvero così? Come spiegano alcuni studi di Banca d’Italia, la gratuità del contante è solo un’illusione. Ad esempio, prelevare denaro dagli sportelli automatici spesso ha un costo, che in termini percentuali, per gli acquisti fino a 50 euro, è lo stesso o superiore a quello che devono sostenere gli esercenti in caso di pagamento con il Pos. Tutti costi che i cittadini potrebbero non avere se pagano con la moneta elettronica. A meno, ovviamente, che non abbiano a disposizione molte banconote “sotto il materasso”. Situazione in cui, a parte i pensionati che possono ricevere in contanti dall’Inps comunque non più di 1000 euro, si trova tendenzialmente chi a sua volta si è fatto pagare cash, in nero.
Come funzionano le commissioni – Bisogna distinguere tra i prelievi che si fanno agli sportelli della propria banca e quelli che si eseguono a un ATM (Automatic Teller Machine) di un altro istituto di credito. Mentre per i primi non vengono applicate commissioni, per gli altri esiste un balzello che si attesta in media di poco al di sotto i 2 euro per ogni prelievo, come calcolato da Banca d’Italia. Ciò accade per quasi tutti i conti correnti delle banche tradizionali, fatta eccezione per pacchetti di offerta che i singoli istituti possono proporre, mentre alcune banche online o di piccole dimensioni non richiedono commissioni. Non devono infatti sostenere i costi delle infrastrutture fisiche.
Quanto costa il contante ai cittadini – Facendo la media tra le banche che chiedono una commissione e quelle che non la chiedono, tra i prelievi presso il proprio istituto e quelli presso altri istituti – come spiega lo studio di Banca d’Italia Business models and pricing strategies in the market for ATM withdrawals – risulta che per ogni prelievo i cittadini devono pagare 0,76 centesimi. Questo vuol dire che su una operazione di 50 euro, cifra che stando alla legge di Bilancio i commercianti potranno esigere in contanti, il cittadino paga una commissione di circa l’1,5%. La stessa che pagherebbe un commerciante per una transazione con moneta elettronica. Per ritirare più o meno contanti, la cifra richiesta rimane la stessa: su un ipotetico prelievo di 30 euro, quindi, il cittadino paga una commissione che in percentuale si attesta al 2,5%, nettamente superiore a quella che avrebbe l’esercente per una transazione con il Pos. Tutte spese che il cittadino potrebbe risparmiarsi se utilizzasse i mezzi di pagamento elettronici.
Oltre alle commissioni esiste anche il costo della ricerca degli sportelli automatici, difficile da rendicontare in cifre. In Italia il numero degli ATM è in discesa dal 2018: ogni anno si riduce in media dello 0,5%. Da questo punto di vista la spinta al contante proposta dal governo Meloni risulta in controtendenza rispetto alla digitalizzazione dei pagamenti in corso e alla sempre minore presenza “fisica” delle banche sul territorio.
Come mai il contante ha un costo – Ma perché diversi istituti di creditoscelgono di applicare commissioni sui prelievi? Funziona così: la banca che ha emesso la carta di credito deve pagare a quella che gestisce lo sportello automatico circa 0,49 centesimi. Da qui la necessità di trasferire la spesa sul cliente e il conseguente avviso che appare sullo schermo del Bancomat: “La tua banca potrebbe applicare commissioni su questa operazione”. Come spiega uno studio di Banca d’Italia, Indagine sul costo dei conti correnti nel 2021, i prelievi rappresentano un costo non trascurabile nella gestione del conto corrente: il 5,4% del totale, la voce più pesante tra le cosiddette spese variabili.