Per contrastare il calo delle nascite, in Emilia-Romagna la Lega propone uno screening di massa con il quale dovrebbe essere verificata la fertilità dei giovani che hanno già compiuto 26 anni o che dovranno farlo tra il 2023 e il 2024. La proposta del Carroccio è contenuta in un emendamento presentato alla legge di Stabilità 2023 della Regione, che arriverà in aula la prossima settimana in vista dell’approvazione. Le prime reazioni non si sono fatte attendere. Ne chiede l’immediato ritiro Silvia Piccinini, capogruppo regionale del MoVimento 5 Stelle, secondo cui si tratta di “un’idea aberrante da regime totalitario”. Ma il consigliere del Carroccio, Daniele Marchetti, che ha firmato la proposta, difende il testo spiegando che si tratta di una campagna di sensibilizzazione che mira a prevenire o conoscere eventuali problematiche che, nel tempo, possono portare all’infertilità. E, al quotidiano la Repubblica, dichiara: “Forse non hanno compreso il senso, spero di poter avere un confronto con chi mi contesta”. Non ci sta la consigliera dem, Francesca Marchetti: “Un’idea totalitaria e antidemocratica – attacca – che la Lega vuole mascherare dietro al concetto della prevenzione per i cittadini e che, invece, nulla ha a che vedere con il tutelare il diritto e la libertà degli emiliano-romagnoli”.

La proposta della Lega – ‘Chiamata attiva per lo screening della fertilità’ viene definita nel testo dell’articolo 22bis che, secondo quanto chiede la Lega, dovrebbe essere inserito dopo l’articolo 22 del progetto di legge sul bilancio di previsione 2023-2025. “Al fine di contrastare il fenomeno della denatalità e prevenire le cause di infertilità, sensibilizzando la popolazione sull’importanza di monitorare il proprio stato di salute – si legge nel testo – è istituito, in via sperimentale per gli anni 2023 e 2024, un programma di chiamata attiva per lo screening della fertilità ai soggetti che hanno compiuto o compiranno il ventiseiesimo anno di età nel biennio di riferimento”. Le modalità di attuazione del programma, a carico del Servizio sanitario regionale, sono da definirsi con delibera della Giunta regionale, su proposta dell’assessorato alle Politiche per la Salute, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della Legge di stabilità regionale.

La denuncia del Movimento Cinque Stelle – “Si tratta di una proposta aberrante che ci riporterebbe al medioevo o, ancora peggio, ad uno di quei regimi totalitari che evidentemente piacciano tanto al partito di Matteo Salvini” commenta Silvia Piccinini, secondo cui per aumentare la natalità sono necessari altri strumenti. Come “soluzioni efficaci per conciliare tempi di vita e di lavoro dei genitori, misure per la co-genitorialità, serve garantire – spiega – un congedo parentale che sia pienamente paritario”, evitando invece di penalizzare sui luoghi di lavoro chi decide di mettere al mondo un figlio. “Quello che invece sicuramente non ci serve – aggiunge – sono campagne di screening da regime totalitario, così come propone la Lega, che obblighino i giovani a sottoporsi a test di fertilità”.

La difesa del Carroccio – Ma per il consigliere Daniele Marchetti non si tratta affatto di una proposta aberrante. “L’età in cui una coppia inizia cercare di concepire un figlio si è molto allungata e – spiega al quotidiano la Repubblica – più l’età avanza e più le difficoltà sono maggiori per riuscire a portare avanti la gravidanza”. Il calo delle nascite non è solo dovuto a problemi di infertilità. “La libera scelta non si mette in discussione” aggiunge, sottolineando però che ci sono tantissime patologie che possono portare all’infertilità e che l’obiettivo della campagna di sensibilizzazione e screening rivolta a uomini e donne è quello “di rendere consapevoli i ragazzi sull’importanza di prevenire l’infertilità” e di aiutarli “ad arrivare in tempo a capire se esistono problematiche”.

Il Pd: “Testo lontano dal nostro concetto di tutela della salute” – Per la consigliera dem, Francesca Marchetti, però, quello della prevenzione è tema delicato dietro il quale la destra nasconde la volontà di “tenere sotto controllo i cittadini, monitorarli e censirli come nel più buio passato dittatoriale”. “Non è certo obbligando le donne a sottoporsi ai test che si sostiene la natalità, con una sorta di stigmatizzazione implicita – spiega – ma attraverso politiche di supporto alla genitorialità, a consulenze educative sulla salute riproduttiva e a misure efficaci per la conciliazione dei tempi vita-lavoro e della condivisione delle responsabilità di cura che possiamo supportarli”. In Emilia-Romagna, aggiunge la consigliera Pd, “siamo abituati a essere vicini alle persone della comunità regionale, proteggendo le fasce in condizioni di fragilità sociale, le donne e i giovani a partire dalla sanità pubblica, dal welfare e dai servizi e confermando il sostegno alle famiglie con politiche integrate, sui nidi o il bando per giovani coppie”.

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