Ho meditato molto prima di scrivere queste parole perché so che verranno viste come l’ennesima mia provocazione; perché so che qualche amico preferirebbe che vomitassi il mio disagio tra quattro mura o nelle chat private, ma io credo, pur di attirarmi qualche noia e l’accusa di essere egocentrico, che si debba aprire una riflessione sul tema delle luminarie. A Milano sono stati realizzati diciannove alberi di Natale in centro storico oltre a migliaia di lampadine. A Monza sono stati accesi tre chilometri di luminarie. A Piacenza costa 103mila euro (85mila euro più Iva) l’illuminazione natalizia in città. A Mantova 65mila euro (più Iva). Potrei continuare con la lista di molte città italiane.

Quant’è l’ammontare in Italia di questa spesa per l’installazione delle luminarie? Quant’è lo spreco di energia? Sono mesi che da ogni parte giungono raccomandazioni sullo spreco di energia, ma in nome del Natale gli appelli sono svaniti? O forse c’è uno spreco che vale più di un altro? C’è chi (commercianti in primis) non manca di far notare che le luminarie servono ad attrarre persone nei nostri centri a fare acquisti, ma davvero senza luminarie la gente non andrebbe in corso Buenos Aires o in piazza delle Erbe a comprare i regali?

C’è chi – anche non pochi politici – evoca parole come “serenità”, “unità” e “comunità” per giustificare lo spreco di denaro per le luminarie. La famiglia che non arriva a fine mese perché non ha lavoro è davvero più serena con queste lucine? Il migrante che chiede la carità in centro si sente più unito al borghese che entra nel negozio a comprare le scarpe di Gucci? Il clochard che vive nell’ex fabbrica abbandonata sente il senso di comunità grazie alle luminarie? La persona sola e depressa che sta male nelle quattro mura di casa sua sta meglio grazie alle luminarie? E se proprio si volessero mettere ste benedette luminarie, perché non accenderle almeno solo nei weekend o nei giorni vicini al Natale e non settimane prima?

Credo che chi amministra una città debba per primo fare scelte coraggiose rispetto ai messaggi di cui si fa promotore per sensibilizzare la cittadinanza: è inutile parlare di Agenda 2030, di Greta o di sostenibilità senza essere coerenti. Da persona che crede di essere atea, il senso del Natale per me è il presepe di San Francesco che volle al centro della “celebrazione” solo la mangiatoia con Gesù, il bue e l’asinello. Altro che luminarie!

Tornano alla mente gli auguri scomodi di don Tonino Bello: “Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro”.

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