La notizia della corruzione di vari deputati e funzionari del Parlamento europeo da parte di Qatar e, forse in misura minore, Marocco, dà la misura dell’abisso nel quale è sprofondata l’Unione europea. La politica, intesa come nobile e disinteressata arte della ricerca del benessere collettivo, è definitivamente tramontata in questi lidi, con le uniche eccezioni dei rappresentanti del Gue (Gruppo della sinistra europea, quella vera) e di qualche indipendente all’interno della lista socialdemocratica, come il nostro Massimiliano Smeriglio, che con il suo voto pressoché solitario ha salvato l’onore di quella che era un tempo la sinistra più forte del continente europeo e si vede oggi ridotta, nel senso comune popolare, a una congrega di marchettari a pagamento.

Il fatto che la “sinistra” (in realtà da molto tempo non più tale neanche in apparenza) sia in prima fila fra i protagonisti di questa vergognosa vicenda aggiunge alla stessa un ulteriore tocco di squallore. Il fatto che vari personaggi facenti capo al Pd, al Pasok o ad altri partiti analoghi si siano messi in vendita al migliore offerente riscuotendo l’attenzione e le mazzette di qatarioti, marocchini e probabilmente altri regimi autoritari e antidemocratici costituisce in fondo la conseguenza della totale perdita di sovranità di un organismo, come appunto il Parlamento europeo, mai del resto dotato di poteri rilevanti in qualche misura assimilabili a quelli, anch’essi oggi in buona parte tramontati, storicamente esercitati dai Parlamenti nazionali.

Ingabbiati in una logica senza via d’uscita che prevede l’asservimento alle lobby, specie di natura finanziaria, sul piano della politica interna e quella alla Nato e agli Stati Uniti su quello della politica internazionale, i rappresentanti europei che fanno capo alle forze mainstream, siano esse autenticamente di destra o fintamente “di sinistra”, vivono evidentemente sempre più la propria missione come servizio ai poteri forti e solvibili. In questo senso si ha motivo di ritenere che quella emersa coll’inchiesta della magistratura belga costituisca solo la punta di un iceberg ben più vasto.

In una logica, oggi prioritaria, di denuncia politica e non di indagine penale, che va affidata agli organi competenti – che, si spera, intendano procedere celermente anche in Italia e dovunque necessario – occorre riprendere le parole della deputata della France Insoumise Manon Aubry la quale, di fronte all’esplodere dello scandalo, ha dichiarato come da tempo tentasse senza esito, per l’ostruzionismo proveniente in primo luogo dai gruppi socialista e democristiano, di far approvare una risoluzione del Parlamento europeo che condannasse le gravi violazioni dei diritti dei lavoratori perpetrate dal Qatar, che hanno subito un’ulteriore accelerazione coi lavori per mettere a punto gli impianti per il Mondiale attualmente in corso.

Stesso discorso vale per il Marocco, Paese che, oltre a promuovere la repressione contro i movimenti sociali e democratici al proprio interno, impedisce da quasi cinquant’anni l’autodeterminazione del popolo saharawi, in flagrante violazione delle norme del diritto internazionale da tempo chiarite dalla Corte internazionale di giustizia. Forse la pista della corruzione, se adeguatamente percorsa e battuta, potrebbe recare dei lumi decisivi a questioni tuttora irrisolte – relative ad esempio alle inspiegabili fluttuazioni della giurisprudenza europea relativa al diritto del popolo saharawi alle proprie risorse naturali.

Ma una politica estera europea al servizio di chiunque tranne che dei cittadini europei costituisce, evidentemente data l’assenza di stimoli e controlli nella giusta direzione, il luogo ideale per mettersi al servizio di poteri esterni. Siano essi di natura statale, come nel caso in esame, o di natura imprenditoriale o lobbistica, come in molti altri casi che ogni tanto pure vengono alla ribalta delle cronache, giudiziarie o meno.

Stesso discorso vale ovviamente per la scelta di determinati personaggi politici nazionali, anche di primo piano, di mettersi nel passato anche recente a disposizione di poteri esterni, spesso con sostanziose contropartite di natura economica. Si tratti dell’oggi universalmente esecrato Vladimir Putin, col quale invece andrebbe tentato il negoziato indispensabile per salvare la pace mondiale, o del tiranno saudita o dell’autocrate turco. Parrebbe quasi che nel vuoto pneumatico delle idee decretato da Stati Uniti, Nato e finanza internazionale, esclusivamente attenti alla difesa dei propri poteri e interessi, possa crescere solo la malapianta della corruzione di vario cabotaggio.

Da essa traggono vantaggio i corrotti, nuova specie parassitaria emergente, cui ci si affanna a costruire ponti d’oro (si vedano le tendenze dell’attuale governo Meloni), mentre il popolo soffre per la crisi economica e attende passivamente lo scatenamento della guerra mondiale, il cui rischio è stato annunciato da Jens Stoltenberg, portavoce della Nato, organizzazione che ha esautorato l’Ue da ogni sua prerogativa sovrana lasciando ai suoi rappresentanti più spregiudicati e intraprendenti la possibilità di abbuffarsi di ricche e indegne mazzette.

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