C’era un tempo in cui i cantautori si spingevano oltre la zona di comfort del proprio pubblico e proponevano dal vivo un punto di vista differente sulla propria musica. Anzi, proponevano un punto di vista differente “attraverso” la propria musica e, in particolare, tramite il modo di porre la propria arte. Lo facevano – e lo fanno – spesso Francesco De Gregori e Claudio Baglioni, con tour molto differenti negli arrangiamenti, forti del fatto che se uno sa scrivere canzoni non ha problemi a farle esibire con vestiti diversi. Lo fa sempre Vinicio Capossela, che propone tematiche e drammatizzazioni performative che ogni volta scarnificano il linguaggio e violentano la poetica.

Ho iniziato questo mio scritto in maniera quasi nostalgica solo perché oggi è molto difficile che i cantautori lo facciano ancora; soprattutto quelli della generazione di mezzo. Le ragioni sono varie e alcune anche molto pratiche. Il live è rimasto quasi l’unico modo per “monetizzare”, quindi la sperimentazione passa decisamente in secondo piano. Anzi, molti fanno proclami sensazionalistici sulla strada del coinvolgimento epocale; è così che inspiegabilmente Marco Mengoni o Alessandra Amoroso annunciano date negli stadi, neanche fossero Bruce Springsteen o Madonna. Mi sto allargando nel discorso; lo faccio però solo per dire che oggi il live serve per fare cassa, ciò a cui prima servivano le vendite dei dischi.

È invece con grande soddisfazione che ho accolto la novità di Daniele Silvestri, che nel tour “Teatri/22” sta portando in giro uno spettacolo di oltre tre ore, in cui canta tantissimi pezzi inediti. Non parlo di canzoni mai pubblicate, ma che magari i fan più accaniti conoscono, dico proprio sconosciute a tutti, perché derivanti da storie in prosa che il cantautore ha invitato a spedirgli nel mese di settembre. Questi racconti sono arrivati numerosissimi e Silvestri alcune storie le ha fatte diventare canzoni che forse faranno parte anche del prossimo progetto discografico, ma che intanto lui propone nello spettacolo. Arrangiate con tutta la band al gran completo.

Sono andato a vederlo lo scorso 12 dicembre al teatro Massimo di Pescara. La sala era sold out e lo spettacolo è iniziato proprio con uno sketch sulla scrittura con Silvestri seduto al tavolino che discute con i suoi musicisti, mentre scriveva una nuova canzone. Bello. Magari nel corso della serata avrei fatto un paio di pezzi in meno e speso qualche parola di più per le storie inedite raccontate in canzone; ma l’operazione è meritoria.

Invita infatti a dedicare più attenzione all’ascolto, alla narrazione musical-letteraria, l’esatto opposto della ripetizione iconica del già conosciuto – per quanto vuota di contenuti – che sta alla base del sensazionalismo dei nostrani “artisti da stadio”. Praticamente Silvestri sta lavorando al prossimo disco, in cui fermerà ciò che ha performato nel live. L’esatto opposto rispetto a ciò che succedeva qualche decennio fa; un modo onesto e intelligente di descrivere e raccontare questo momento di passaggio.

Foto in evidenza di Cristina Alessandrini

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