La sede del partito Renaissance di Emmanuel Macron e quella della società di consulenza McKinsey sono state perquisite nell’ambito delle indagini sull’intervento della società statunitense nelle campagne elettorali che nel 2017 e nel 2022 hanno portato l’attuale presidente della Repubblica francese all’Eliseo. La polizia è entrata negli uffici martedì su ordine della Procura nazionale finanziaria di Parigi, che ha confermato le anticipazioni del quotidiano Le Parisien.

I due fascicoli sul cosiddetto caso McKinsey sono stati resi noti a ottobre: gli inquirenti vogliono capire se il presidente ha affidato incarichi pubblici in maniera illecita alla società di consulenza in cambio di un sostegno economico occulto alla corsa elettorale. L’iniziativa giudiziaria, aveva spiegato il capo della procura Jean-François Bohnert, è stata presa da un lato in seguito alla “relazione del 16 marzo 2022 della Commissione d’inchiesta del Senato sulla crescente influenza delle società di consulenza private sulle politiche pubbliche” e dall’altro “in seguito a diverse segnalazioni e denunce di rappresentanti politici, privati cittadini, eletti e associazioni”.

Una delle due indagini ipotizza falsificazioni dei bilanci delle campagne elettorali, l’altra il “favoritismo”, un reato previsto dal codice penale francese e più o meno equivalente alla nostra turbativa d’asta. Uno dei tre giudici istruttori incaricati di indagare sul caso è Serge Tournaire, noto per aver già incriminato l’ex primo ministro François Fillon e l’ex presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy. Nel corso dell’ultima campagna elettorale, Macron era già finito al centro delle polemiche per la quantità di commesse statali affidate a McKinsey, che secondo il rapporto della Commissione d’inchiesta del Senato erano “più che raddoppiate” tra il 2018 e il 2021 (durante il suo primo mandato), fino a raggiungere un record di oltre un miliardo di euro lo scorso anno.

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