Moda e Stile

Giorgio Armani: “La mia ‘successione’? Ho preparato il piano, ma non ne parlo: io ci sono ancora. La giovinezza è persa quando si smette di essere in sintonia con i tempi”

È un Giorgio Armani schietto, lucido e insolitamente intimista quello che si racconta nelle 200 pagine della sua biografia “Per Amore” (Rizzoli). Un libro che è prima di tutto un diario, in cui lo stilista ripercorre la propria vita. E un pezzo della propria vita e del proprio lavoro è quello visto alla sfilata della collezione Giorgio Armani Neve autunno/inverno 2022/23, tenutasi lo scorso 10 dicembre tra le distese innevate di Sainkt Moritz

In questi oltre quarant’anni non c’è stato tempo se non per il lavoro. Non ho coltivato altri giardini. Ho avuto un rapporto necessariamente maniacale con il mio lavoro e forse ho peccato, talvolta, di un perfezionismo quasi ossessivo, cercando di avere sempre il controllo su tutto. È incapacità di delegare? Sì, certo, ma più un mestiere è creativo, più è difficile spiegare a un altro quello che vuoi, anche perché tante volte tu stesso ancora non lo sai. La scelta alla fine è sempre la mia, e spesso la mia idea è quella vincente”. È un Giorgio Armani schietto, lucido e insolitamente intimista quello che si racconta nelle 200 pagine della sua biografia “Per Amore” (Rizzoli). Un libro che è prima di tutto un diario, in cui lo stilista ripercorre la propria vita, ripartendo da quanto aveva già raccontato nel 2015 e tirando le somme dei fatti accaduti in queste sette anni. E se è vero che ogni settenario si chiude un ciclo vitale, con questo volume “Re Giorgio” mette un altro punto alla sua storia. E si proietta verso il futuro con consapevolezza e coerenza, i principi che scandiscono da sempre la sua esistenza di uomo e stilista e lo hanno reso un’icona mondiale. Dove la narrazione era principalmente per immagini, adesso è per parole, ma identico è il pensiero. Partendo dai testi di allora, Giorgio Armani racconta gli eventi che riguardano la sua famiglia, e poi si sofferma, una per una, sulle parole d’ordine che ritornano costantemente nel suo modo di essere e di pensare, di vivere e di lavorare. Un condensato di esperienza, un prontuario accorato stilato con la sincerità con cui si dà un consiglio ad una persona cara. Non c’è la moda intesa come fashion system, ma piuttosto la determinazione di un uomo che ha realizzato sé stesso in un determinato ambiente, un vissuto che nella sua pragmatica autenticità assume una valenza universale.

Ecco allora che, riga dopo riga, sembra di sentire la sua voce ferma e pacata che ci racconta con sincerità e dolcezza episodi, aneddoti e riflessioni; aprendo il suo cuore e la sua memoria al pubblico, rivelando l’uomo dietro al mito ma senza mai sconfinare in una vacua curiosità morbosa. Per la prima volta, infatti, rivela l’enorme sofferenza legata alla scomparsa del fidato socio e compagno di vita Sergio Galeotti. “I lettori mi perdoneranno – scrive Armani con un’umiltà disarmante -: rivivere la propria vita a parole è come nuotare in un fiume in piena. L’andirivieni di episodi è continuo, ed è così che li ricordo. Questo è il Giorgio Armani sentimentale, che spesso proteggo e di rado espongo, ma che ho voluto svelare perché, adesso, è giusto farlo. Sono come un pezzo di ghiaccio entro cui brucia una fiamma”. E proprio quest’immagine potentissima, del fuoco che arde dietro al ghiaccio, la sintesi perfetta della verità armaniana, una metafora che Giorgio ripete diverse volte nel libro, sentendosi quasi in dovere di giustificarsi, di mettersi a nudo chiarendo gli intenti che lo muovono nell’intimo dell’anima. Mettere nero su bianco le sue ossessioni, “i pensieri sparsi”, come li definisce, è per lui catartico. La scrittura è il filtro perfetto tra la sua identità e la realtà, gli concede di aprirsi al pubblico come mai potrebbe fare altrimenti. “Sono concentrato e controllato, ma dietro il ghiaccio c’è un’indole sanguigna e sensibile – confida ancora lo stilista nell’autobiografia – . Ho solo imparato a proteggermi, altrimenti il mondo avrebbe potuto approfittarne. Sono schivo e riservato. Alla festa o all’evento mondano, ho sempre preferito il mio studio, dove ancora oggi sono il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Ho trovato il modo di non essere travolto dalle performance irrinunciabili del mio lavoro – che ho dovuto accettare fin dall’inizio – con tornandomi di una sorta di alone di mistero, che alcuni hanno interpretato come supponenza, altri come la scelta di un ruolo, altri ancora come una forma di timidezza. Ed è quest’ultima la valutazione che ho sempre preferito”.

Lo stilista parla di sé, della sua famiglia e della giovinezza, delle persone a lui vicine, della sua carriera. C’è l’infanzia a Piacenza, l’arrivo a Milano e il servizio militare; i primi anni come vetrinista e commesso/impiegato alla Rinascente e gli incontri che hanno cambiato la sua vita, da quello con Nino Cerruti al più importante con Sergio Galotti, con cui ha creato il suo brand. Insieme hanno costruito il successo, l’impero. Poi ancora, il rapporto con i suoi adoratissimi nipoti. E le sue case, il suo rifugio sicuro nei posti del cuore sparsi per il mondo. Da quella milanese, suo quartier generale, a quella in campagna, passando per quella, iconica, a Pantelleria, e quella in montagna, a Sainkt Moritz: “La casa in montagna è sempre stato il sogno della mia vita da giovane uomo – racconta Armani -. Le vacanze allora si facevano in montagna. In Engadina, dove ogni anno mi trovavo a trascorrere quindici giorni, passavo davanti a chalet in legno che mi davano un grande senso di intimità e calore. Quando vidi quella casa settecentesca con il grande fienile fu un colpo di fulmine, così l’acquistai”. Un legame, quello con l’Engadina, che “Re Giorgio” ha voluto suggellare con la sfilata della collezione Giorgio Armani Neve autunno/inverno 2022/23, tenutasi lo scorso 10 dicembre tra le distese innevate di Sainkt Moritz. Un evento con al centro l’attenzione per la sostenibilità ambientale in cui sono stati presentati capi d’abbigliamento tecnico pensati per chi pratica sport invernali o semplicemente gode nel trascorrere del tempo in alta quota. Una collezione che richiama nel design essenziale e nel mood quella lanciata negli anni ’90, con il nero a fare da contraltare perfetto al candore della neve. Ed è stato commovente vedere lo stilista organizzare e gestire, a 88 anni, una sfilata del genere, con temperature ben al di sotto dello zero. D’altra parte, è lui stesso a spiegare che “detesto autoincensarmi o crogiolarmi nella contemplazione dei successi ottenuti. Che sono molti, certo, ma che potrebbero essere ancora di più. Ognuno è il punto di partenza di una nuova sfida. Le sfide! Io le amo più di ogni al tra cosa: non tanto per desiderio di fama o perché porteranno ulteriore guadagno, ma perché potrò conoscere l’evoluzione del mondo, rimanendo giovane. La giovinezza è persa quando si smette di essere in sintonia con i tempi. Sull’osservazione del reale io, invece, ho costruito il mio impero. Tengo lo sguardo ben fisso in avanti, lontano, perché solo mantenendo ampio l’orizzonte e il respiro si può inventa re ancora”.

E, a proposito di orizzonte, non poteva mancare, a chiusura del libro, una considerazione su quello che sarà il futuro della Giorgio Armani S.p.a. dopo il suo fondatore. Un rebus, quello del suo erede, che da sempre attanaglia addetti ai lavori e grande pubblico: per questo, con malcelata sofferenza, il signor Armani ne parla per la prima volta espressamente, mettendo fine alle speculazioni. “Il successo della Giorgio Armani sta nel fatto che dipende dalle scelte di una sola persona coadiuvata da collaboratori fedeli – spiega -. Comunque è quasi fisiologico pensare a un assetto futuro, a quella che i giornali, un po’ crudelmente, chiamano ‘la successione di Armani’, una realtà che mi porto sulle spalle ormai da vent’anni. La successione la ho in mente, e ci sarà. Il piano lo ho preparato, con il mio usuale pragmatismo e la mia grande discrezione, ma non lo rivelo adesso, perché ci sono ancora. Io continuo a lavorare”.