“Sarebbe un’apocalisse, e non esagero a usare questo termine”. La definizione è di Annamaria Procacci, consigliera nazionale dell’Enpa (Ente nazionale protezione animali, la più grande associazione animalista italiana) e legislatrice, da ex parlamentare dei Verdi, della legge 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica. E il riferimento è al tentativo di Fratelli d’Italia di smantellare uno dei capisaldi di quella legge, dando il via libera a una totale deregulation dei piani regionali di abbattimento di animali, che permetterebbe ai cacciatori di sparare addirittura nelle aree protette e nelle aree urbane. È questo infatti il contenuto di un emendamento alla manovra depositato in Commissione Bilancio alla Camera – il 78.015, compreso tra i duecento “segnalati” dalla maggioranza – che porta le firme di 14 deputati del partito di Giorgia Meloni, compreso il capogruppo Tommaso Foti. A denunciarlo i leader di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli ed Eleonora Evi: “Governo e maggioranza vogliono distruggere la legislazione ambientale italiana proprio in un momento in cui la biodiversità, minacciata dalla crisi climatica, dovrebbe essere maggiormente tutelata”, attaccano in una nota insieme alla capogruppo a Montecitorio Luana Zanella. Mentre un comunicato congiunto delle sigle ambientaliste (Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf) avverte che se la proposta passasse “una ristretta categoria di individui sarebbe autorizzata a fare strage di animali selvatici e a mettere in pericolo la pubblica incolumità con il pretesto del controllo della fauna”.
L’emendamento infatti andrebbe a riscrivere l’articolo 19 della legge 157, che disciplina i metodi con cui le Regioni possono effettuare il contenimento della fauna selvatica (ad esempio per motivi sanitari) anche nelle zone vietate alla caccia. Al momento è previsto che “di norma” il controllo avvenga “mediante l’utilizzo di metodi ecologici“, come recinzioni, catture o altre modalità non cruente: solo se l’Ispra (l’ente pubblico per la protezione dell’ambiente) verifica “l’inefficacia dei predetti metodi”, le Regioni “possono autorizzare piani di abbattimento”, che però “devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali”. Cosa prevede invece l’emendamento di Fratelli d’Italia? Intanto elimina qualsiasi riferimento ai “metodi ecologici”: il controllo degli animali selvatici può essere portato avanti da subito in qualsiasi modo, anche cruento. E poi stabilisce che tra le “zone vietate alla caccia” in cui si può procedere al controllo sono “comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto“: un modo per garantire la possibilità di sparare in qualsiasi momento e in ogni periodo dell’anno, neutralizzando i limiti dettati dalla legge in aree tutelate. Per autorizzare i piani di abbattimento, poi, non serve più che l’Ispra “verifichi” l’inefficacia dei piani di controllo: Regioni e Province possono procedere in autonomia, basta “sentire” l’istituto. Soprattutto, le uccisioni non sarebbero più attuate dalle guardie venatorie, ma direttamente “dai cacciatori“, “previa frequenza di corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti, e sotto il coordinamento delle “Polizie provinciali e/o regionali”. Dulcis in fundo, si prevede che “gli animali abbattuti durante le attività dei controlli sono sottoposti all’analisi igienico-sanitaria”, dopodiché “destinati al consumo alimentare“.
La norma che FdI vorrebbe approvare contiene poi un inciso particolare: le attività di contenimento, si legge, “non costituiscono attività venatoria“. Il motivo dell’aggiunta si capisce leggendo l’articolo 22 della legge quadro sulle aree protette: nei parchi e nelle riserve, si legge, “l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali (…) abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici”, che però devono avvenire “su iniziativa e sotto la sorveglianza degli enti di gestione” e “essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate”, “previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso ente”. Per abbattere animali in un’area protetta, dunque, bisogna osservare requisiti molto stringenti. Ma se gli abbattimenti non sono più “attività venatoria”, tutti quei paletti si possono saltare a pie’ pari: basta un piano approvato dalla Regione. “È una proposta marziana che riflette una visione del pianeta di mille anni fa. E ha uno scopo ben preciso: privatizzare la fauna selvatica per trasformarla da oggetto di tutela a oggetto di business“, dice Annamaria Procacci dell’Enpa al fattoquotidiano.it. “Scritta così”, spiega, “la norma consentirebbe ogni tipo di azione su qualsiasi specie animale, senza limiti di tempo né di luogo. Violando tra l’altro la Costituzione, che all’articolo 9 impone alla Repubblica di tutelare la biodiversità”. Nei trent’anni dall’approvazione, ricorda Procacci, la legge del 1992 è stata oggetto di numerosi tentativi di assalto. Ma questo, dice, “è il peggiore mai visto: siamo allo sfascio completo, alla soluzione finale. Spero ancora che prevalga la decenza e la proposta sia ritirata: se fosse approvata, siamo pronti alla mobilitazione e a impugnare la legge in tutte le sedi giurisdizionali“.
Meno ottimista invece il leader di Europa Verde Bonelli, secondo cui l’emendamento ha buone possibilità di essere approvata: “È in corso un’operazione politica molto pesante, coordinata direttamente da Meloni e dal suo ministro (e cognato, ndr) Francesco Lollobrigida, volta a diventare l’unico interlocutore del mondo venatorio, rubando alla Lega i voti dei cacciatori“, denuncia al fatto.it. E a dimostrarlo, dice, è l’approvazione in Commissione al Senato di un ordine del giorno al decreto-legge sul riordino dei ministeri, con cui si trasferiscono le deleghe sulla tutela della fauna, storicamente in capo al ministero dell’Ambiente, al ministero dell’Agricoltura, guidato proprio da Lollobrigida. “Un fatto grave“, dice Bonelli, che pone inoltre un problema di metodo: l’emendamento, dice, è “illegittimo perché di natura ordinamentale”, cioè volto a modificare norme di legge senza intervenire sulla spesa pubblica, “e pertanto incompatibile a norma di regolamento con la legge di bilancio”. “A noi sono stati bocciati vari emendamenti con la motivazione che erano “parzialmente” ordinamentali, mentre questo, che non c’entra nulla con la manovra, è stato prima dichiarato inammissibile e poi riammesso. Siamo esterrefatti e scriveremo al presidente della Commissione Bilancio (Giuseppe Mangialavori di Forza Italia, ndr) e per conoscenza al presidente della Camera chiedendo che venga escluso dalle proposte in discussione”.