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Chi l’avrebbe mai detto che la scelta di tifare Marocco – da parte de ilfattoquotidiano.it, quindi di un soggetto sicuramente “terzo” rispetto alle squadre in campo – sarebbe stata così azzeccata. Ho cercato di verificare alcuni luoghi comuni di questi giorni e di andare oltre parlando con un po’ di giovani. Ma anche con una madre, Hanane, che lavora in un laboratorio a Milano, con doppia nazionalità dal 2012. “Non mi interesso mai molto al calcio, ma adesso sono contenta. Coinvolta dall’entusiasmo per una squadra che raggiunge per la prima volta le semifinali. Le colleghe mi mandano le congratulazioni. Anche gente che non sento da anni. Mi impressiona queste effetto del calcio di far riavvicinare la gente”.
Il figlio Amir, nato in Italia, ha tre nazionalità (israeliano-araba, marocchina e italiana), tifa Inter, ai mondiali Marocco e, molto probabilmente, avrebbe tifato Italia, ma non sa bene come avrebbe seguito un match Italia-Marocco. “Non voglio mescolare più di tanto politica e sport, ma penso che molti vogliano vedersi nella causa delle persone sempre ultime che comunque credendoci in un impegno possono arrivare e superare anche i più potenti. Non penso invece che la vittoria della squadra rafforzi il re, che è piuttosto uno sciamano che un capo politico di un regime.” I tuoi compagni di scuola? “Anche loro stanno tifando Marocco”.
Stesse considerazioni dalla sorellina Lynn, anche lei studentessa delle superiori a Milano. Ma uno potrebbe sempre dire: “Ma in fondo cosa cambia per la vita delle persone?” le obietto. “Questo è vero, ma è pur sempre un orgoglio, anche se magari molte persone non lo capiscono. Io ho la fortuna di essere mista di più nazioni e quando una di queste raggiunge un traguardo è sempre molto bello.” Il panettiere e pasticciere Mehdi, pur avendo passato in Italia la maggior parte dei suoi 26 anni, la (seconda) nazionalità italiana non ce l’ha ancora. “Il calcio lo seguo poco, non mi dà niente. Però quando gioca la Nazionale, che sia del Marocco o dell’Italia, mi commuovo. E’ bello, quando esco in strada e vedo famiglia, parenti, amici, paesani tutti contenti sorridere in vena di fare festa (anche se ancora non abbiamo vinto i Mondiali)”. “Quindi anche quando vince l’Italia”. “Certo è il mio secondo paese” e aggiunge: “Viva lo sport, non la guerra”. E se c’era Marocco-Italia? “Avrei festeggiato con chi vinceva”.
Il tifo per il Marocco non riattiva automaticamente tutti i ponti. “Sei sicuro che vogliano dichiararsi africani? A me sembra che vogliano dichiararsi arabi, magrebini. Si sentono superiori a noi dell’Africa Nera” dice Harouna, richiedente asilo guineano, ora studente lavoratore a Cosenza. “Allora tu tifi Francia?” “A me va bene che vincano o il Marocco o la Croazia, perché non hanno mai vinto i Mondiali e giocano bene”.
Nella maggior parte dei casi, però, gli africani tifano Marocco e basta, a questo punto dei Mondiali. Lo confermano i ragazzi “Ecomori” di Torino, che riportano anche i sentimenti dei loro famigliari e amici rimasti in Africa.
Torniamo ai marocchini. Azhar, operatore socio-culturale a Torino, mi aiuta a districarmi nella Nazionale della diaspora. La maggior parte dei calciatori sono marocchini che non solo giocano all’estero, ma che all’estero sono anche nati. Storie anche diverse, di una diaspora che non ha mai disperso i suoi legami.
Hakim Ziyech ha giocato da under 18 nelle nazionali olandesi e poi a 18 anni ha deciso di essere marocchino. Poi c’è quello nato in Italia, Walid Cheddira, e l’allenatore è franco marocchino. “E’ la rappresentazione di una nazione di emigranti che cerca il riscatto sociale anche attraverso lo sport”.
La notte della vittoria, Azhar ha scritto sui suoi social: “Questa vittoria è per tutti e tutte i/le expat marocchini del mondo, le mamme sole, i figli cresciuti in periferia, i figli di papà, le famiglie divise dai km ma unite dalla passione e l’amore per il proprio Paese. Siamo tutt* marocchin*, ma siamo anche olandesi, spagnoli, francesi, belgi, italiani, tedeschi. Siamo europei, ma siamo anche orgogliosi del Paese che ha dato i natali ai nostri genitori. Siamo la seconda/terza generazione, siamo il mondo nuovo, quello della miscela culturale e della doppia nazionalità e ne siamo orgoglios*! Grazie a chi era in campo, a chi era sugli spalti, a chi era a casa a soffrire, a chi ha ascoltato la partita mentre stava lavorando, grazie a tutt*, questa è la nostra notte. Viva l’Italia che mi ha permesso di essere chi sono, grazie al Marocco che ha permesso che io fossi qui”.