Cinema

Sandra Ceccarelli: l”attrice anomala” da Bertolucci e Piccioni all’ultimo Corsicato: “Oggi mi propongono solo ruoli di madri”

L'attrice è Adele nel nuovo film di Pappi Corsicato, Perfetta illusione, originale e voluttuoso thriller sull’avidità morale e il narcisismo del singolo che uscirà nelle sale italiane il 15 dicembre. "Sono pochi, pochissimi, sempre meno rispetto a quelli maschili i ruoli dopo i 40 anni"

di Davide Turrini

Una madre ricca e spregiudicata oltre ogni limite etico. Sandra Ceccarelli è Adele nel nuovo film di Pappi Corsicato, Perfetta illusione, originale e voluttuoso thriller sull’avidità morale e il narcisismo del singolo che uscirà nelle sale italiane il 15 dicembre. Adele e il marito Roberto (Maurizio Donadoni) appoggiano e tutelano ad ogni costo la giovane figlia Chiara (Carolina Sala), a sua volta pronta a tutto per promuovere le velleità pittoriche di Toni (Giuseppe Maggio), ragazzo come mille altri, sposato con l’esigente Paola (Margherita Vicario), ma rimasto all’improvviso senza lavoro. “Adele è una collezionista d’arte che fa parte di quell’elite milanese con tutte le sue stratificazioni sociali. È una donna disposta a tutto, perfino a comprare la libertà di un’altra persona, senza un briciolo di scrupolo”, spiega la Ceccarelli, volto storico di parecchi titoli che hanno fatto la storia del cinema italiano a cavallo degli anni novanta e primi duemila, come Luce dei miei occhi e La vita che vorrei.

Anche tu hai avuto velleità artistiche come il protagonista del film?
Feci il liceo artistico poi l’Accademia di Belle Arti a Bologna. Non pensavo di diventare attrice. Non mi sono comunque mai sentita un’artista: sapevo disegnare ma non a creare un linguaggio mio personale. Poi dopo aver vissuto molta vita vera ho scoperto “tardi” di voler fare l’attrice.

Iniziasti tra l’altro a fare cinema a 15 anni, ancora prima delle scuole superiori
Fu nel 1985 con Giuseppe Bertolucci.

Segreti segreti aveva un cast da parterre de roi, anzi di regine…
All’epoca non ero così appassionata di cinema. Lo ricorderò sempre come un gioco meraviglioso. Era un set d’autore, molto protetto, poco nevrastenico come poi sono invece stati i set tv negli anni duemila.

Avevi un’acconciatura da maschietto coi capelli a maschietto e guardavi Mamma Roma in tv…
Ho avuto genitori che mi facevano vedere film neorealisti, però da bambina se mi dicevano ‘guardiamo un film italiano’ dicevo ‘oddio, meglio vedere i film americani’. Col senno di poi ho però capito in che bellissimo set ero finita. Pensa che giravamo in una casa che si era appena comprato Roberto Benigni all’Aventino. Non ci abitava ancora e la prestò a Giuseppe per il film. Veniva la sera sul set assieme a Massimo Troisi a salutarci. Stavano girando Non ci resta che piangere.

Secondo ruolo da protagonista solo quindici anni dopo l’esordio…
Ho ricominciato sui trent’anni. Nel frattempo ho fatto lavori comuni per vivere. Anche la modella per un pittore. Poi mentre facevo la barista mi vide l’aiuto del regista Piergiorgio Gay, a sua volta allievo di Olmi. Mi chiamarono come protagonista di Tre storie. Il film finì a Torino e vinse un premio per essere distribuito in sala. Fu distribuito dopo un anno, a giugno, in tre sale, ma ebbe ottime recensioni. Giuseppe Piccioni mi scelse dopo aver visto Tre storie. In pochi anni raggiunsi l’apice. È stata una carriera lampo. Niente gavetta.

Ne Il mestiere delle armi di Olmi (2001) eri una nobildonna che si struggeva d’amore per Giovanni dalle Bande Nere e in carrozza di notte lo cercava…
Olmi mi chiamò che il film era già stato girato per metà in Bulgaria con paesaggi in esterno innevati. La telefonata fu molto sintetica: domani prova costumi, dopodomani si gira.

Nel dittico diretto da Piccioni hai un rapporto d’amore tormentato con i personaggi interpretati da Luigi Lo Cascio, un tira e molla soffertissimo (ne La vita che vorrei, peraltro, Lo Cascio ti tratta malissimo…)
Beh in Luce dei miei occhi lo tratto molto male io.. è stato un duello (ride ndr). Sono stati film stupendi. Piccioni ha un modo di lavorare che rimane il mio preferito. Tante prove prima e poi grande predisposizione al cambiamento in corso d’opera.

La chimica con Lo Cascio come si creò?
Io venivo dal nulla totale. Luigi era un attore teatrale che veniva dall’Accademia. Ero entusiasta e mi ero innamorata del personaggio, di lui, de I cento passi, che aveva appena interpretato con successo nazionale. Mi sono trovato spesso a dire: ma quanto è simpatico Luigi. La gente non se lo aspetta. Nel privato Luigi è un clown.

Al tuo terzo film, Luce dei miei occhi, vincesti la Coppa Volpi come miglior attrice assieme a Lo Cascio: come hai vissuto quei momenti prestigiosi?
È stato un momento pazzesco. Primo perché purtroppo il film venne massacrato dalla stampa. Di solito con gli italiani non ci vanno mai piano. Con noi fu una stroncatura totale. Così sembrava proprio il film scandalo. Nessuno si aspettava che saremmo stati premiati con la Coppa Volpi. Accusai molto quella partecipazione. Preferisco fare il pubblico di un festival. Fu una tensione tremenda.

Tra il 2004 e oggi ci sono tanti titoli nella tua filmografia, ma mai una così alta densità di storie e personaggi come vent’anni fa: cos’è successo?
Non so se ha senso dirlo, ma io non sono uno di quelli che voleva fare l’attore a tutti i costi, da quando è nato, che ha lottato, che hanno fa questo e quello. Sono anomala, non ho lottato: come questo lavoro mi ha trovato, io ho lasciato che piano piano sfumasse. Poi mettici anche il fattore dell’età: più vai avanti con gli anni e meno sono i ruoli. Non vuole dire che sono anziana, ma che gradualmente mi hanno offerto solo parti da “madre”.

Kim Cattrall, star di Sex and the city, disse che dopo i 40 anni a Hollywood non propongono più personaggi femminili di spessore…
Sono pochi, pochissimi, sempre meno rispetto a quelli maschili. Ogni tanto c’è un bel film con una donna grande protagonista, ma si contano sulle dita delle mani: Gloria, Irina Palm, diversi film con attrici della madonna. Vedi Tar di Todd Field con Cate Blanchett protagonista assoluta. Tutto è dovuto al culto della giovinezza che sussiste per le donne, dopo una certa età non sei più oggetto che ispira desiderio.

Beh anche certi uomini dopo i 40 anni non sono proprio meraviglie…
Insomma… George Clooney alla sua veneranda età o Sean Connery alla ancor più veneranda età rimangono e rimasero comunque sex symbol.

Nel 2018 sei stata co-protagonista di Rosso Istria, film controverso, definito da molti come “reviosinista”, che racconta l’uccisione della studentessa istriana Norma Cossetto da parte dei partigiani titini…
Mamma mia, che ti devo dire?

Quello che vuoi…
È stato un azzardo. Non avevo del tutto capito cosa stessi facendo. Non sapevo ci fosse questo aspetto che molti hanno definito revisionista. Tra i film che ho fatto non è tra i miei preferiti.

Ad ogni modo i film storici cercano di riportare alla luce una verità del passato magari meno raccontata e ricordata. Lo fece anche Renzo Martinelli con Porzus: sono fatti reali non invenzioni
È vero, però è questo film è stato talmente rivendicato solo da una certa parte politica che vuole screditare l’altra, così è entrato in una dinamica che non mi interessa affatto.

Ne Gli anni amari (2019) sei invece la madre dell’antesignano dei diritti Lgbtq, Mario Mieli…
È stato un grosso lavoro di indagine psicologica dove ho cercato di capire come mi sarei comportata in una situazione così sensibile. Ho conosciuto un personaggio storico che altrimenti non avrei incontrato nella sua interezza e l’ho amato. Per i diritti gay l’epoca di Mieli era solo l’inizio, oggi è pane quotidiano.

Rispetto a quell’epoca sono stati fatti passi avanti importanti o no?
Certo, in Occidente si sono raggiunti risultati allora impensabili. Sarebbe bello vedere ora, ad esempio, che si raggiungessero risultati del genere con le donne in Iran.

In Occidente oggi ti senti limitata o giudicata in qualcosa in quanto donna?
Vivendo a Roma sarebbe difficile trovarmi in situazioni al limite, però recentemente ho girato un film in montagna vicino Rovereto e mi sono trovata a fare passeggiate in mezzo ai boschi. Posso confessarti che quando vedevo arrivare una macchina, anche se era giorno, dicevo: sono tutti uomini lì? C’è un a donna nell’auto? Di essere in pericolo noi donne lo avvertiamo non certo meno di altri tempi. Qualcosa per cui non siamo pari c’è, eccome.

Negli ultimi anni sei stata volto noto di diverse serie Rai (Non mi lasciare, Nero a metà): quali differenze ci sono tra cinema e tv?
Intanto il tempo. Quello che al cinema si fa in un mese, in tv si fa in una settimana o quasi. E spesso il risultato si vede sullo schermo. Secondo: si fanno cose a puntate. Se lavorazione dura sei mesi, capiti su set una volta al mese e non si crea quell’atmosfera di squadra che c’è su un set.

C’è un ruolo rifiutato e di cui ti sei pentita?
Beh, dopo aver fatto i tre film con Lo Cascio (c’era anche film di Cristina Comencini in cui eravamo fratelli), Giordana mi offrì di fare la sorella di Lo Cascio e Boni ne La meglio gioventù, che poi interpretò la brava Lidia Vitale. Non ricordo perché non accettai, forse qualcuno mi consigliò che mi avrebbero visto troppo con Luigi in scena.

Classica ultima domanda: prossimo film?
Lo stanno montando, s’intitola Nina dei lupi è diretto da Antonio Pisu ed è tratto da un romanzo di Alessandro Bertante. È una specie di fantasy distopico, in Italia se ne vedono pochi, che parla di un futuro prossimo seguito a un cataclisma, nel film non volutamente spiegato, e c’è un paesino rimasto intatto per miracolo con una piccola comunità attiva e io sono la maestra del piccolo villaggio isolato dal mondo. È girato in montagna. Da fare è stato stupendo.

Sandra Ceccarelli: l”attrice anomala” da Bertolucci e Piccioni all’ultimo Corsicato: “Oggi mi propongono solo ruoli di madri”
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