Con una prima pagina senza precedenti, il quotidiano israeliano in lingua inglese ha deciso di sostenere la nazionale nordafricana che affronterà nella semifinale la Francia e che ha apertamente sostenuto la causa della Palestina, incarnando con le sue imprese il desiderio di riscatto. La dimostrazione di come il Marocco calcistico sia riuscito a coinvolgere molti popoli
Il commissario tecnico Walid Regragui, sorpresa del torneo con tutta la sua squadra, campeggia sulla parte sinistra della pagina, avvolto nella bandiera del Marocco. Al centro, al fianco del suo allenatore, il decisivo portiere Yassine Bounou, numero uno del Siviglia ed eroe della già storica serie di rigori con cui la selezione magrebina ha eliminato la Spagna agli ottavi di finale. Completa il terzetto Hakim Ziyech, il fantasista del Chelsea, la classe della nazionale nordafricana. Sopra di loro, la scritta: “Siamo tutti marocchini. Andiamo!”. È la copertina senza precedenti che il quotidiano israeliano in lingua inglese The Jerusalem Post ha dedicato ai leoni dell’Atlante che, questa sera, 14 dicembre, alle ore 20, sfideranno i campioni in carica della Francia, per accedere alla finale dei Mondiali di calcio del Qatar 2022. Ad attendere la vincente c’è l’Argentina di Leo Messi.
La prima pagina del Jerusalem Post sottolinea come la nazionale marocchina, con il suo cammino sorprendente, sia riuscita a coinvolgere popolazioni molto distanti tra loro da un punto di vista politico e culturale. La squadra di Amrabat, di Hakimi e di Sabiri, presenti anche loro sulla copertina del quotidiano, è la prima nazionale africana e la prima rappresentante del mondo arabo ad arrivare così lontano nella Coppa del Mondo. Il successo del Marocco contro le più attrezzate selezioni europee, con il suo forte significato identitario, è riuscito a rendere partecipe il popolo arabo e in parte anche quello ebreo. Lo dimostrano le immagini dei festeggiamenti avvenuti dopo le vittorie, sia nei Territori Palestinesi e che da parte di settori della popolazione israeliana. Bandiere, cori e manifestazioni di gioia si sono registrati a Ramallah, Nablus, Gaza, ma anche a Gerusalemme est e nelle località arabe di Israele come Umm el Fahem, Baqa al-Gharbiyye e Bu’eine Nujeidat. L’entusiasmo ha coinvolto anche gli ebrei di origine marocchina che vivono in quei territori. Questo nonostante la squadra di Rabat abbia manifestato chiaramente la sua vocazione politica, sventolando la bandiera palestinese in campo, durante i festeggiamenti per la vittoria contro la Spagna. Una sfida ai rigidi protocolli Fifa.
Le vittorie del Marocco sono diventate la festa delle comunità in cerca di riscatto, soprattutto di quella della Palestina. Lo Stato del Vicino oriente non è riconosciuto ufficialmente dalla comunità internazionale e, di conseguenza, non gioca i Mondiali di calcio. Così il cammino del Marocco ai Mondiali ha assunto un significato sociale. Vedere i giocatori marocchini sventolare la loro bandiera ha emozionato il popolo palestinese, che sente di aver subito un vero e proprio apartheid. Condizione che ha tra le varie conseguenze la delegittimazione della loro identità. Le imprese del Marocco sono diventate un simbolo per chi ha subito nella storia l’influenza e il potere straniero. La semifinale contro la Francia, Stato colonizzatore della Nazione nordafricana fino all’indipendenza del 1956, è un ulteriore passo in questa direzione. Ma uno step in avanti lo ha compiuto anche il Jerusalem Post con la sua copertina: un gesto distensivo che può assumere un significato in grado di andare oltre la favola calcistica.