La legge c’è, ma non viene applicata. È il Decreto Clima del 12 dicembre 2019, che consente ai clienti dei supermercati di “utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare”. Solo che una volta giunti davanti al banco della gastronomia la storia cambia: i consumatori che chiedono di farsi imballare salumi, olive e formaggi in contenitori portati da casa, invece che in quelli forniti dal supermercato, spesso non vengono accontentati. Sono passati tre anni dall’approvazione del testo con cui l’Italia si è allineata ad altri Stati europei (ad esempio Polonia, Belgio e Francia), eppure in molte catene ancora non è possibile adottare questa pratica virtuosa. Lo rivela la nuova video-inchiesta di Greenpeace, pubblicata in anteprima da ilfattoquotidiano.it nell’ambito della campagna ‘Carrelli di plastica’ e realizzata da volontarie e volontari dell’organizzazione ambientalista in dieci città italiane, all’interno dei supermercati dei marchi Conad, Coop, Selex, Végé, Eurospin, Esselunga e Sogegross. “È inaccettabile che questa modalità di vendita sia ancora poco nota al personale addetto alle vendite tanto da essere negata alla clientela in più della metà dei supermercati che abbiamo visitato. È urgente adeguarsi subito a una normativa pensata per ridurre i rifiuti che potremmo evitare” è il commento di Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace.
L’inchiesta di Greenpeace e la call to action de ilfattoquotidiano.it – Dei 54 punti vendita visitati, solo in 24 (il 44,4 %) è stato possibile utilizzare il proprio contenitore portato da casa anziché i comuni imballaggi usa e getta per acquistare alimenti sfusi come pomodori secchi, ricotta, olive. Nei restanti 30 supermercati (il 55,6%) la vendita con questa modalità non è stata permessa dal personale. Nonostante la legge. E se l’inchiesta della ong ha portato a questo risultato, molto altro possono fare i sostenitori de ilfattoquotidiano.it con le loro testimonianze. Andate nei supermercati e chiedete di poter portare a casa quanto acquistato nei vostri contenitori. Poi raccontateci la vostra esperienza con una mail a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, in modo da farci sapere cosa vi hanno risposto. Nel frattempo, ‘Carrelli di plastica’ vi racconta com’è andata a Greenpeace. Dotati di videocamera nascosta o smartphone, volontari e volontarie si sono recati nei supermercati italiani, portando al banco dei prodotti freschi contenitori conformi alle disposizioni vigenti e, quindi, fabbricati in materiale idoneo al contatto con gli alimenti, dotati di coperchio e puliti. Il personale, infatti, può rifiutare l’impiego di questa tipologia di imballaggi laddove ritenga che non sussistano le condizioni igieniche, ma questo non è mai accaduto nel corso dell’indagine.
Le ‘motivazioni’ fornite e le performance diverse anche all’interno delle stesse catene – L’indagine è stata condotta dal 20 ottobre al 21 novembre 2022 in 54 supermercati appartenenti alle catene più importanti per quote di mercato sul territorio nazionale: 14 Conad, 13 Coop, 7 Selex (Alì, Dok, Eurospar, Mercatò, Sole 365), 7 Végé (Bennet, Eté, Euroesse, Eurospesa, Maxi Bosco), 5 Eurospin, 4 Esselunga e 4 Sogegross (Doro, Ekom). Dieci le città prese in esame: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pisa, Roma, Torino e Trieste. Nei 30 supermercati dove non è stato concesso l’uso di contenitori portati da casa, gli operatori dei supermercati hanno spesso fatto riferimento ad altre problematiche come la mancanza di disposizioni, l’impossibilità di apporre lo scontrino (e quindi effettuare il pagamento) o la mancanza di autorizzazione a usare contenitori per alimenti di provenienza non conosciuta. Non solo. In molti dei casi in cui l’opportunità di acquisto è stata negata, gran parte del personale ha dichiarato di non essere a conoscenza delle disposizioni previste dal decreto clima. Analizzando i risultati emerge come l’applicazione delle disposizioni del decreto clima sia variabile anche in supermercati appartenenti alla stessa catena. Solo 7 dei 14 Conad visitati hanno consentito l’utilizzo del contenitore riutilizzabile, 2 su 13 Coop, 2 su 4 Esselunga, 2 su 5 Eurospin, 5 su 7 Selex, 2 su 4 Sogegross e 4 su 7 Végé. Questo sembra confermare, spiega Greenpeace, “l’assenza di disposizioni da parte della casa madre e lasciano ipotizzare che la possibilità di acquisto con il proprio contenitore riutilizzabile sia demandata alla disponibilità e alla buona volontà del singolo addetto”.
Le politiche carenti dei supermercati italiani – Una situazione che deve cambiare, anche alla luce della recente proposta di Regolamento europeo sui rifiuti da imballaggio, che prevede il crescente ricorso al riuso per alcune categorie di prodotti come bevande calde e fredde, cibo pronto da asporto, bevande alcoliche e analcoliche. “Non solo i supermercati italiani continuano a basare il loro business sul massiccio ricorso al monouso in plastica e mancano di investimenti in sistemi di riuso – aggiunge Giuseppe Ungherse – ma addirittura spesso negano l’applicazione delle normative vigenti sui contenitori riutilizzabili”. Come dimostra la recente indagine di Greenpeace e ilfattoquotidiano.it sull’uso di plastica usa e getta nei supermercati italiani, infatti, gran parte delle aziende analizzate non ha ancora un piano concreto per fare a meno della frazione monouso, aumentare la vendita di prodotti con sistemi di riuso e ricarica e allontanarsi da un modello di business inquinante.
La ‘Spesa Sballata’ produce i suoi frutti – “Eppure – spiega Ungherese – la vendita di prodotti con contenitori riutilizzabili è già possibile in tante realtà, incluse alcune catene di supermercati italiani ed europei”. In provincia di Varese, per esempio, la novità legislativa introdotta dal Decreto Clima ha ispirato l’iniziativa ‘Spesa Sballata’, a cura della Cooperativa Totem. Le famiglie che hanno partecipato all’iniziativa, svoltasi in piena pandemia da Covid-19, non solo hanno avuto la possibilità di acquistare con i propri contenitori prodotti freschi al banco gastronomia, ma anche frutta e verdura con retine riutilizzabili e prodotti da forno (come il pane) con sacchi in tela. Il risultato? Con la sperimentazione condotta nel 2020 e nel 2021, ogni anno e ogni cliente ha risparmiato il consumo di circa 170 imballaggi monouso, senza che fossero rilevati malesseri, problemi sanitari o non conformità di natura igienica, nonostante l’iniziativa si sia svolta in piena pandemia da Covid-19.