Più leggo le notizie sul Qatargate più il dubbio mi assale: ma era davvero impossibile accorgersi prima che qualcosa non andava? Non c’era davvero nessuna nota stonata nel sentire il presidente di una ong per i diritti umani, nonché un ex parlamentare europeo del Partito Democratico prima e di Art.1 dopo, difendere il Qatar sui diritti umani? Devo dirvi che questa sua posizione era sfuggita anche a me, non sapevo nemmeno che avesse fondato una ong eppure un po’ di diritti umani me ne sono occupato in questi anni, evidentemente in modo molto diverso da Panzeri.

Però le dichiarazioni ed il voto in dissenso della vicepresidente del Parlamento europeo del gruppo socialista non saranno passate inosservate a Bruxelles, possibile che nessuno si sia insospettito?

Confesso che in questi anni mi sono trovato a scontrarmi con posizioni anomale di alcuni colleghi, tra cui quelle di Panzeri, sulla questione del Sahara Occidentale. Oggi quelle posizioni diventano per me più chiare essendo anche il Marocco coinvolto come Paese in questa vicenda, ma mai avrei pensato che si potesse arrivare a tanto. È quindi da qui che dobbiamo partire se vogliamo affrontare fino in fondo i nodi politici che stanno alla base di questa storia.

Sbaglieremmo a ridurla ad una vicenda corruttiva guardando solo al profilo criminale. Considerando i protagonisti di questa storia delle mele merce senza guardare la cesta che le contiene. C’è un’enorme questione morale che riguarda la politica estera con cui dobbiamo fare i conti prima che sia troppo tardi. In gioco c’è la credibilità e la forza della nostra democrazia. La vicenda del Qatargate è solo la punta dell’iceberg: drammatica per la sua dimensione criminale, ma non più grave di altre modalità di condizionamento della politica estera che stati terzi come il Qatar esercitano sui nostri Paesi.

Qual è la differenza tra Matteo Renzi che definisce il ciclo storico attuale dell’Arabia Saudita un nuovo “rinascimento” e le dichiarazioni della vicepresidente del Parlamento Europeo che più o meno dice le stesse cose del Qatar? La differenza certo sta nella forma illegale del finanziamento, che non è poca cosa. Ma rimane sul tavolo la questione politica: quanto costa la nostra democrazia? Siamo disposti ad accettare che le scelte di politica estera dei nostri paesi siano condizionate da Stati che detengono buona parte degli asset finanziari del pianeta e che pensano attraverso questo potere di poter comprare tutto, compresa la nostra democrazia?

A dire il vero sembra di sì, almeno questa è l’idea che abbiamo dato come paesi europei quando abbiamo chiuso entrambi gli occhi sulle violazioni dei diritti umani in paesi come Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto, Turchia in cambio di contratti miliardari firmati dalle nostre aziende di Stato. Quando abbiamo chiuso gli occhi sui 6500 lavoratori/schiavi che hanno perso la vita per costruire gli stadi di questo mondiale di calcio, quando lo abbiamo fatto sullo sterminio dei curdi da parte dell’esercito turco, quando abbiamo considerato un costo accettabile che un Paese come l’Egitto potesse rapire, torturare ed uccidere un nostro concittadino come migliaia di egiziani senza destare in noi la benché minima indignazione.

Due pesi e due misure secondo una logica “campista” che divide il mondo in buoni e cattivi solo attraverso le lenti degli interessi economici.

Quale sarebbe la differenza tra Egitto, Arabia Saudita, Qatar e Russia, Cina o Iran sul rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche? Nessuna, ve lo dico io, sono tutti regimi più o meno autoritari che rapiscono, imprigionano, torturano, uccidono chiunque metta in discussione o minacci la loro autorità. Solo che i primi sono partner strategici dei Paesi europei dal punto di vista economico gli altri sono rivali. Ed è questo doppio standard che sta definitivamente minando la credibilità delle democrazie occidentali nel mondo.

Ora io penso che sia arrivato il momento di affrontare la questione dal punto di vista politico, di quello giudiziario per fortuna si occuperanno i magistrati.

Servono leggi che impediscano di ricevere finanziamenti di ogni genere da Paesi terzi a chi riveste incarichi istituzionali, servono leggi che regolino l’attività di lobbying in modo trasparente ed infine una legge organica sul conflitto di interessi che impedisca il meccanismo delle porte girevoli impedendo per un periodo ragionevole a chi ha rivestito incarichi istituzionali di rivestire incarichi dirigenziali in imprese statali, parastatali e affini.

E poi dobbiamo avere il coraggio di dirci che è dentro le maglie ormai datate di un realismo politico da quattro soldi che tutte queste vicende si innestano.

Il Partito Democratico riparta da qui per ricostruire una visione di politica estera compatibile con il suo sistema valoriale e l’unica bussola che conosco per farlo è quella dei diritti umani, della libertà e della democrazia. Le altre appartengono ad una stagione che ci ha portato fino a qui, che ha generato mostri come gli accordi con la Libia sui migranti condannando migliaia di persone a violenze indicibili. Direi che ce n’è abbastanza per chiuderla qui.

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