Dopo che la Corte costituzionale tedesca ha dato via libera all'approvazione da parte di Berlino, l'Italia è destinata a rimanere l'unico dei 19 paesi euro a non aver ancora pronunciato il suo benestare. Quelle pronunciate oggi dal ministro Giorgetti "sono parole gravi e spero che in Europa non siano state ascoltate", ha affermato Luigi Marattin, capogruppo di Azione-Italia Viva in Commissione Bilancio
La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha invitato l’Italia a stringere i tempi per la ratifica della riforma del Mes, il meccanismo europeo di stabilità noto anche come fondo salva stati. Dopo che la Corte costituzionale tedesca ha dato via libera all’approvazione da parte di Berlino, l’Italia è destinata a rimanere l’unico dei 19 paesi euro a non aver ancora pronunciato il suo benestare. Sinora il governo Meloni aveva adottato una linea attendista, in continuità con quella di Mario Daghi, subordinata all’esito della valutazione dei giudici tedeschi, “alibi” che ora è venuto meno. “Speriamo che l’Italia ratifichi velocemente la riforma del Mes”, trattandosi di una parte integrante del completamento dell’unione bancaria, ha detto la presidente della Bce. Lagarde ha poi spiegato che, quanto alla relazione fra il Mes e l’Omt, il programma di acquisto di bond della Bce ideato sotto la presidenza di Mario Draghi che richiede la sottoscrizione di un protocollo d’intesa con il Mes, una mancata ratifica non avrebbe impatto sulla possibilità di attivare l’Omt qualora fosse necessario.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti però ora frema. L’impianto attuale del Trattato istitutivo del Mes “appare non tenere conto del diverso contesto di riferimento e appare opportuno che, a monte, siano valutate modifiche relative al contenuto del Meccanismo”, ha detto oggi, aggiungendo che “come da più parti evidenziato, il Mes ”appare un’ istituzione in crisi e per il momento in cerca di una vocazione. In parte per colpa sua, in parte no, è un’istituzione impopolare. Nessuno fra i Paesi europei ha voluto chiedere la sua linea di credito sanitaria”. “C’è anche il Parlamento, no? Il Parlamento ha dato un indirizzo, non è che io posso andare contro il Parlamento. Adesso il Parlamento si esprimerà ancora e faremo quello che dobbiamo fare” ha ribadito in un secondo momento Giorgetti.
Quelle pronunciate oggi dal ministro Giorgetti “sono parole gravi e spero che in Europa non siano state ascoltate“, ha affermato Luigi Marattin, capogruppo di Azione-Italia Viva in Commissione Bilancio, nella replica al question time con il ministro Giorgetti, circa la richiesta di dare seguito all’impegno di ratificare il Mes. “Signor Ministro – incalza Marattin – lei la settimana scorsa è venuto in quest’aula e alla domanda” sulla ratifica italiana del Meccanismo “ha risposto ‘quando si esprimerà la Corte Costituzionale tedescà”: ma la corte – ricorda – “si è espressa l’altro giorno e oggi, se ho capito bene, lei sta dicendo che siccome il Mes è un ‘istituto in forte crisì forse non lo ratifichiamo più”. “Lagarde ha dato la sveglia al governo e in particolare al ministro Giorgetti, che ieri alla Camera sul Mes – per usare una delle metafore calcistiche così care al titolare del Mef – aveva buttato la palla in tribuna. Il tempo della melina è finito. È ora che il governo si assuma le proprie responsabilità, abbandonando le posizioni ideologiche del passato e ratificando un trattato che è interesse nazionale dell’Italia rendere presto operativo”, ha detto oggi il responsabile economia del Pd, Antonio Misiani.
Il Mes è stato creato nel 2011 per far fronte ad eventuali crisi di debiti sovrani nella zona euro. Entrerebbe in funzione qualora uno stato membro dovesse perdere la capacità di finanziarsi sui mercati a tassi ragionevoli. La riforma dispone che i vertici (il nuovo direttore generale è il lussemburghese Pierre Gramegna) siano chiamati a valutare in via preventiva la situazione finanziaria degli Stati, compresa la sostenibilità del debito stesso. Il fondo diventa poi un paracadute per eventuali crisi bancarie, con la possibilità di mobilitare i suoi fondi per far fronte ad improvvisi aumenti delle esigenze di liquidità di un istituto.