Diritti

Manifestarono in sedia a rotelle per i diritti dei disabili davanti alla Regione: condannati a 4 mesi di carcere. L’assessora: “Dalla loro parte”

Incredibile caso a Bari: decreto di condanna per 8 persone, 4 delle quali in sedia a rotelle, accusate di "interruzione di pubblico servizio" e "invasione di edifici". La loro "colpa": nel luglio 2021 protestarono sul lungomare del capoluogo che è spesso scenario di proteste organizzate. Il presidente Emiliano: "Sono pronto a testimoniare in loro favore in appello"

Condannati a quattro mesi di reclusione per aver manifestato per vedersi riconoscere i propri diritti. A macchiarsi di questa “colpa” otto persone disabili. Quattro di loro protestavano in sedia a rotelle. “Siamo criminali atipici” è l’amara constatazione di Francesca Maiorano, una degli otto destinatari del decreto di condanna a 4 mesi di reclusione (pena sospesa) o al pagamento di 9450 euro di multa, da parte del tribunale di Bari per interruzione di pubblico servizio e invasione di edifici.

La vicenda risale al luglio del 2021. In quei giorni particolarmente torridi, un gruppo di persone con disabilità e relativi accompagnatori, decide di manifestare – per la seconda volta a distanza di un mese – dinanzi al palazzo della presidenza della Regione Puglia. Un tratto del lungomare di Bari che molto spesso è scenario di manifestazioni e proteste. Basta passare di lì per trovare bandiere di sindacati, sit-in più o meno organizzati e, a seconda della partecipazione, mezzi di polizia e carabinieri a presidiare la zona. Esattamente come quel giorno in cui il gruppo, avvisando preventivamente Digos e Questura, manifesta nella speranza di incontrare i vertici regionali.

Il progetto, però, questa volta, è di non smobilitare il presidio sinché non arrivino risposte concrete. E difatti il gruppo rimane sul posto quattro giorni e tre notti. Una condizione non certamente facile visto il caldo opprimente di quel mese, il fatto che molti di loro sono in carrozzina e, quindi, con delicate e particolari esigenze fisiche, tant’è che l’ingresso alla toilette nel palazzo presidenziale è consentito più volte e senza alcun problema da parte della vigilanza che, come unica accortezza, richiede nominativo e documento prima di lasciar accomodare i fruitori dei servizi. Una notte particolarmente faticosa, è necessario chiedere l’intervento del 118 per soccorrere un manifestante che inizia ad accusare il colpo di un presidio prolungato. Quattro giorni e altrettante notti ad aspettare e presidiare esterno ed interno del palazzo, interrotti solo dall’arrivo dei parenti che, all’ingresso, possono consegnare il cambio dei vestiti. Il weekend imminente, però, dà una accelerata alle comunicazioni e, dunque, una delegazione può interloquire con i vertici regionali. Prima un incontro con il direttore del Dipartimento Sanità e con il segretario generale del presidente, poi un lungo colloquio con l’assessora al Welfare, Rosa Barone, infine il faccia a faccia con il presidente della Regione, Michele Emiliano.

Le richieste sul tavolo sono diverse: basta gare al ribasso per gli ausili, più assistenza infermieristica domiciliare Adi, modifiche al bando per Progetti di Vita Indipendente abolendo la clausola fidejussoria, intervento sull’assegno di cura tramutato in contributo Covid-19. Le riunioni finiscono con accordo siglato. Un successo, dopo tanta fatica fisica e psicologica. È la sera del 16 luglio 2021. “Stanchi e distrutti dopo quattro giorni e tre notti trascorsi ad interloquire con tecnici e politici, siamo felici, con l’accordo firmato in tasca, fra cordiali saluti e strette di mano con i funzionari regionali, veniamo accompagnati all’uscita del palazzo della Presidenza della Regione Puglia. Giusto il tempo di abbracciarci fra noi – ricorda Francesca – e di metterci in macchina ed inizia a piovere bruscamente in pieno luglio. Riteniamo quella pioggia improvvisa una benedizione da lassù alla nostra battaglia vinta, anche da parte di chi a causa dei diritti negati non c’è più”. Una felicità che, però, non corrisponde allo stato d’animo di oggi. “Nessuno di noi – dice con amarezza – ebbe mai in quei giorni la percezione che di lì a poco ci avrebbero contestato dei reati. Non siamo riusciti a scansare il colpo di fucile sparato alle nostre spalle, giunto come un conto da pagare per aver osato manifestare”. Ma chi ha sparato quel colpo di fucile? Nessuno dal palazzo della Regione, è la certezza. La denuncia, a quanto pare, è partita d’ufficio dall’esterno, per aver occupato la carreggiata e impedito il transito delle auto. Loro, in sedia a rotelle, hanno bloccato per alcuni momenti il traffico. Tanto è bastato.

“Siamo sorpresi per la condanna – è il commento dell’assessora Barone -, ma ci tengo a precisare che dalla Regione non è partita nessuna denuncia. In quei giorni il confronto con i disabili è stato costante, tanto da essere andati incontro alle loro richieste, nonostante ci fossero difficoltà oggettive. Anche oggi sono in contatto costante con alcuni di loro, a cui ho espresso tutto il mio dispiacere per quanto sta accadendo, assicurandogli il supporto da parte della Regione”. Il governatore Emiliano, invece, ha fatto sapere di essere pronto a testimoniare in loro favore nel giudizio di appello.

Non tutti, però, presenteranno ricorso. Non lo farà Francesca, probabilmente. “Sono portatrice sana di emofilia e madre di un figlio con Emofilia A grave, figlia di mia madre che era affetta da Alzheimer, a cui ho fatto da caregiver per 10 anni. Non importa se la mia fedina penale fra qualche giorno non risulterà più pulita, non sono una criminale. Incornicerò la condanna in un quadro che appenderò all’ingresso di casa, affinché chiunque venga a trovarmi possa venire a conoscenza di tutto questo, e ci aggiungerò la seguente dicitura: Correva l’anno 2021, sono stata condannata e ritenuta criminale per aver manifestato col solo fine di tutelare i diritti delle persone con disabilità”.