Quegli attacchi social a don Mattia Ferrari non "presentano profili di rilievo penale". Per Avvenire, il quotidiano della Cei, quello del pm "potrebbe essere solo un appunto personale oppure, più in generale, un’indicazione per la Chiesa. Come se essere sacerdote significasse dire messa, amministrare i sacramenti e stare in silenzio"
Per la Procura di Modena gli attacchi social e le minacce a don Mattia Ferrari non “presentano profili di rilievo penale” e per questo il procedimento va archiviato. Don Mattia è un parroco molto impegnato a difesa degli ultimi e dei migranti ed è anche il cappellano di Mediterranea saving humans, l’Ong che con le sue imbarcazioni è presente nel Mediterraneo per il soccorso di profughi e migranti. La vicenda è raccontata da Avvenire. Per il quotidiano della Cei “potrebbe essere solo un appunto personale oppure, più in generale, un’indicazione per la Chiesa e per il suo impegno ‘sociale’. Certo è che quello che ha scritto la Procura nella richiesta di archiviazione della vicenda legata alle minacce ricevute da don Mattia Ferrari è destinato a far rumore”.
Come riporta Avvenire infatti, nel testo in cui chiede al Gip l’archiviazione, la Procura rivolge una sorta di “appunto” all’operato umanitario del sacerdote: “Se il prete esercita in questo modo, diverso dal magistero tradizionale“, deve in un certo senso aspettarsi reazione contrarie e fra queste di essere bersagliato. In un passaggio del testo, il pubblico ministero suggerisce che l’esposizione sui social naturalmente provoca reazioni, specie se “come già evidenziato chi porta il suo impegno umanitario (e latamente politico) sul terreno dei social o comunque del pubblico palco – ben diverso dagli ambiti tradizionali – riservati e silenziosi – di estrinsecazione del mandato pastorale – e lo faccia propalando le sue opere con toni legittimamente decisi e netti”. In altre parole, commenta il giornale dei vescovi, “chi si occupa di diritti umani e si dedica all’impegno umanitario non deve sorprendersi se poi finisce nel mirino, anche se è un prete. Anzi, forse, proprio perché è un prete. Come se essere sacerdote significasse dire messa, amministrare i sacramenti e stare in silenzio“.
Quelle minacce arrivano, tra l’altro, da un profilo Twitter “che, come attestano inchieste giornalistiche e atti parlamentari, sarebbe invece ‘un portavoce della mafia libica legato ai servizi segreti di diversi Paesi'”. Account che pubblicherebbe “materiale per conto della mafia libica e anche foto ‘top secret’ di velivoli militari europei e di apparati italiani”. E don Ferrari, proprio per quelle minacce, è da tempo sotto “radiosorveglianza” decisa dal Comitato provinciale per la sicurezza dei cittadini. Intanto i legali del parroco, contestando la decisione della Procura, ha annunciato la presentazione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione. Per la deputata Elly Schlein la richiesta della procura è “preoccupante” così come “le motivazioni addotte”. “Chi supporta le persone più fragili e salva vite in mare e per questo subisce minacce va protetto, piena solidarietà a Don Mattia!”, scrive su Twitter Schlein.