“Lo facciamo per voi, ogni giorno in corsia e nei pronto soccorso ci sono code fin dalle prime ore del mattino, mancano letti e personale, e anche in camera operatoria dobbiamo cancellare operazioni per mancanza di risorse. Scioperiamo non solo per il nostro salario ma per la sicurezza dei pazienti ed il futuro del sistema sanitario sanitario pubblico”. Sulle televisioni britanniche Mark Boothroyd, infermiere di un pronto soccorso britannico e membro del sindacato RCN (Royal College of Nurses) lancia un messaggio ai pazienti, comprensibilmente preoccupati per lo sciopero di 100mila infermieri in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord che dopo mesi di negoziazioni fallite con Downing street oggi hanno appeso il camice e impugnato un cartello di protesta fuori dagli ospedali a meno 3 gradi, in quello che è il primo sciopero di questa categoria nella storia del più antico sistema sanitario nazionale pubblico del mondo, l’NHS, istituito nel 1948.

Servizi ‘salvavita’ nei reparti di emergenza e terapia intensiva saranno assicurati mentre per tutta la durata del picchetto, dalle 9 alle 20 di stasera, dipartimenti come chemioterapia, salute mentale, analisi, così come 70mila operazioni di routine (i pacemaker per esempio) saranno impattate dallo sciopero del personale in 51 ospedali, centri per la salute mentale e comunità di cura in Inghilterra (pari al 25% delle strutture inglesi), mentre 6 su 7 aziende sanitarie gallesi saranno in sciopero e tutte quelle dell’Irlanda del Nord.

Niente scioperi in Scozia invece, dove due sindacati hanno accettato l’aumento salariale offerto dal governo anche se il 66% degli aderenti al sindacato del personale delle ambulanze è sul piede di guerra. “È una giornata tragica per l’NHS. Scioperare è la nostra ultima risorsa perché lo Stato ha voltato le spalle alla categoria rifiutandosi di scendere al tavolo del negoziato per discutere un’offerta di retribuzioni più generose e condizioni di lavoro migliori”, accusa Pat Cullen, a guida del sindacato RCN che ha promosso il picchetto storico per un adeguamento salariale del corpo infermieristico britannico, definito in una lettera al Ministro della Salute come ‘il malato d’Europa’.

In un Paese dove il covid ha solo aggravato una cronica crisi dei servizi sanitari con 7,2milioni di pazienti in lista d’attesa e medici ed infermieri che scelgono di abbandonare una professione diventata insostenibile, lasciando un buco di 133.446 posti (un tasso del 9.7% registrato a settembre), i sindacati britannici chiedono un aumento del 19% dei salari che ora vanno dalle 25mila alle 55mila sterline all’anno. “Per permetterci un aumento del 19% dei salari dovremmo ricorrere al debito pubblico, e solo poche settimane fa abbiamo visto che effetti potrebbe avere, oppure aumentare le tasse in un momento in cui le persone sono colpite dall’aumento del costo della vita quest’inverno. O dovremmo tagliare servizi pubblici essenziali, quindi credo che la richiesta di un tale aumento non sia realistica”, risponde la sottosegretaria alla sanità Maria Caulfield. I sindacati intanto vanno avanti: annunciano una seconda giornata di picchetto il 20 dicembre e spiegano che questo potrebbe essere l’inizio di un ‘periodo prolungato di proteste se il governo non scenderà alle negoziazioni sui salari o se il risultato non sarà soddisfacente’.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Crisi politica in Perù, quattro turiste italiane bloccate da lunedì in un villaggio rurale mentre si trovavano a bordo di un bus

next
Articolo Successivo

Francia, incendio in un palazzo: 10 morti, tra cui 5 bambini. Altre 4 persone gravissime

next