IL LATO OSCURO DEI MONDIALI – PUNTATA 11 – Rimet sognava un torneo che avrebbe “unito le nazioni, avvicinando i popoli e rendendo il mondo un solo grande paese”. Non è andata proprio così. Da Francia 1938 a Qatar 2022, la Coppa del Mondo è anche una storia di guerre, omicidi, imbrogli e regimi dittatoriali. Puntata dopo puntata, vi raccontiamo le storie emblematiche degli intrecci tra calcio e potere
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La Fifa questa volta non c’entra. O meglio, non c’entra con il caos scoppiato tra Algeria e Egitto durante lo spareggio che assegnava l’ultimo posto disponibile al Mondiale del 2010, il primo disputato nel continente africano. Poi si sarebbe scoperto che il Sudafrica pagò delle tangenti alla Fifa per ottenere l’organizzazione della kermesse a scapito del Marocco, ma si tratta di un’altra storia, altrettanto oscura ma più “canonica”, visti gli scandali legati a quasi tutte le recenti assegnazioni. Quella tra Algeria e Egitto poggia invece le proprie fondamenta su una stratificazione di tensioni storiche, politiche e sportive, alle quali il calcio ha offerto la miccia per la detonazione. Un po’ come accadde, pur con i necessari distinguo, nel famoso caso El Salvador-Honduras raccontato da Ryszard Kapuscinski nel suo libro La prima guerra del football e altre guerre di poveri. Con la differenza che tra Algeria e Egitto non si è arrivati ad alcuna escalation militare.
Nel 2010 il Mondiale era un appuntamento che sia Algeria che Egitto mancavano da troppo tempo. I primi da Messico ’86, i secondi da Italia ’90, a cui arrivarono proprio eliminando i Fennec (o Volpi del deserto, che dir si voglia) al termine di una partita al Cairo dalle conseguenze drammatiche, visto che nella gigantesca rissa post-gara che si scatenò in campo il medico sociale dell’Egitto perse un occhio dopo essere stato colpito con una bottiglia rotta. L’autore del gesto fu identificato in Lakhdar Belloumi, l’idolo del paese che nel 1982 firmò la rete con la quale l’Algeria aveva sconfitto a sorpresa la Germania Ovest al Mondiale spagnolo. Nei suoi confronti fu addirittura emesso un mandato di cattura internazionale, poi ritirato anni dopo, mentre il diretto interessato ha sempre negato la propria colpevolezza, accusando del gesto Kamel Kadri, portiere della selezione algerina.
Alle tensioni sportive, passate e presenti, si univano quelle storiche e politiche. Diversi analisti politici non le reputavano così radicate e sentite nel nuovo millennio, ma in ogni occasione nella quale gli animi venivano surriscaldati erano pronte a essere tolte dalla naftalina. Secondo il politologo Ziad Majed le frizioni erano cominciate all’epoca di Gamal Abdel Nasser, che inviò in Algeria numerosi docenti egiziani allo scopo di arabizzare il paese, ponendo le basi per la nascita dell’islamismo radicale nel paese, poi rivelatosi decisivo nel processo di decolonizzazione terminato con l’indipendenza dalla Francia, ottenuta dopo la Guerra d’Algeria. In seguito, gli accordi di Camp David sottoscritti con Israele dall’Egitto di Anwar El Sadat generarono ulteriori attriti tra i due paesi e, più in generale, in seno a tutto il mondo panarabo.
Il 14 novembre 2009 al Cairo Egitto e Algeria si giocarono il primato del gruppo C e la conseguente qualificazione al Mondiale, con gli algerini che partivano da tre punti e due reti di vantaggio, visto che cinque mesi prima si erano imposti sui Faraoni 3-1 a Blida. Se per quell’incontro la situazione era stata agevolmente controllata delle autorità, con i tifosi egiziani che si limitarono a fare a pezzi delle immagini di Belloumi, il pre-partita del Cairo si caratterizzò per scontri, violenze e episodi di guerriglia urbana. Il pullman che portava allo stadio la nazionale algerina fu colpito da una sassaiola e quattro giocatori rimasero feriti. I media algerini accusarono l’Egitto di non avere fornito adeguata protezione ai propri atleti, mostrando la foto di Khaled Lemmouchia con il volto sanguinante e le schegge di vetro conficcate nel capo. La stampo egiziana reagì parlando di messinscena degli algerini e riportando le dichiarazioni dell’autista del bus, che puntò il dito contro gli algerini, rei di aver rotto i vetri dall’interno del veicolo e di averlo aggredito.
La vittoria per 2-0 dell’Egitto, con rete della parità totale (entrambe le squadre si trovavano al primo posto con 13 punti, 9 gol fatti e 4 subiti) segnata al 95esimo, gettò ulteriore benzina sul fuoco, con nuovi scontri tra le strade del Cairo. Secondo gli algerini tre dei loro tifosi rimasero uccisi, ma il ministero della Salute egiziana ha sempre negato. Nei giorni successivi la rete ribolliva, tanto al livello base dei social media quanto a quello più professionale, dove hacker algerini e egiziani si resero protagonisti di numerosi attacchi contro i siti istituzionali del paese rivale. I media soffiavano sul fuoco dello scontro, spinti da governi alle prese con situazioni interne complicate, dal momento che sia nell’Algeria di Abdelaziz Bouteflika che nell’Egitto di Hosni Mubarak covava sotto la cenere il fuoco che nel giro di pochi mesi avrebbe portato a una serie di proteste in tutto il mondo arabo divenute note come Primavera araba. Non c’era quindi niente di meglio del calcio per compattare la propria gente e scagliarla contro un nemico esterno.
L’assoluta situazione di parità rese necessario uno spareggio, da disputare in campo neutro. Fu sorteggiato il Sudan. Una scelta pro-egiziana secondo gli algerini, in quanto paese confinante confinante con quello dei Faraoni; una scelta pro-algerina per gli egiziani, visti i rapporti storicamente tesi tra questi ultimi e il Sudan. Nonostante le imponenti misure di sicurezza (oltre 15mila poliziotti impiegati, scuole e uffici pubblici chiusi in anticipo), gli scontri tra le due fazioni procureranno alla città di Omdurman danni per 3 milioni di dollari. All’Al-Merrikh Stadium l’Algeria si impose 1-0 e staccò il biglietto per il Sudafrica. Mentre al Cairo scoppiarono disordini di fronte all’ambasciata algerina, ad Algeri vennero attaccati una filiale della Egypt Air e il quartier generale della Djezzy, una sussidiaria locale del gruppo egiziano Orascom. Centinaia di lavoratori egiziani in Algeria furono aggrediti o minacciati e lasciarono il Paese. Nel quartiere Quatre-Chemins, banlieue parigina, tifosi algerini e egiziani si resero protagonisti di scontri tra di loro e con la polizia. Algeria ed Egitto richiamarono per “consultazioni” i rispettivi ambasciatori, senza però arrivare al ritiro delle rappresentanze diplomatiche.
Come ha scritto Azzurra Meringolo su Limes: “Probabilmente quando Antar Yahia (autore del gol-partita nello spareggio, nda) ha messo la palle in rete pensava solo alla qualificazione mondiale. Forse molti tifosi non si rendevano neanche conto del contenuto del loro sfogo. Ma gli eventi di queste ultime settimane e l’entità della tensione scoppiata hanno rovesciato un vaso di Pandora dal quale è uscito di tutto. Dal disagio giovanile, alla stanchezza portata dalla repressione politica. Dalla lotta nella sfera virtuale, ai sassi nella vita reale”.