Elezioni che si terranno nell’indifferenza generale, con la coalizione dell’opposizione – il Fronte di salvezza nazionale – che ha deciso di boicottare il voto. Oltre nove milioni di cittadini tunisini sono chiamati il 17 dicembre a scegliere i 161 deputati dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, in un clima di grave crisi economica che fino a pochi giorni fa ha portato centinaia di tunisini a manifestare per chiedere le dimissioni del presidente Kais Saied, che lo scorso 25 luglio 2021 ha assunto pieni poteri sospendendo il parlamento e destituendo il governo. Un anno dopo, l’adozione, tramite un referendum segnato da una fortissima astensione, di una nuova Costituzione che gli ha concesso vasti poteri a rischio di mettere a repentaglio la giovane democrazia tunisina scaturita dalla prima rivolta della primavera araba nel 2011. Questa nuova Carta prevede l’istituzione di un Parlamento con prerogative molto limitate. E sarà quello che uscirà da questa tornata elettorale.

Queste elezioni parlamentari segnano l’ultima tappa del processo politico avviato da Saied. Si è trattato di una campagna elettorale in sordina, considerata la legge elettorale che vieta ai partiti di presentare liste e impone ai candidati di finanziarsi da soli la pubblicità. Complice poi il fatto che si vota con un sistema uninominale diretto, e che i partiti tradizionali hanno boicottato la tornata elettorale, la maggior parte dei candidati è pressoché sconosciuta al pubblico. Pochi persino i manifesti attaccati per le strade negli appositi spazi, con programmi di carattere esclusivamente locale. Pochissime le donne, 122 su 1055 candidati. Si prevede un tasso di partecipazione alle urne molto basso, simile a quello del referendum costituzionale del 25 luglio 2021, che fu del 30,5%. Inoltre diversi media locali, a causa della severa legge sulla stampa definita da alcune ong “liberticida”, non seguiranno l’evento, e uno sciopero della radio e televisione pubblica è stato programmato per motivi sindacali proprio per le giornate del voto. Il Parlamento europeo, visto che “nessun singolo eurodeputato al Parlamento europeo ha ricevuto un mandato per osservare o commentare questo processo elettorale a nome del Parlamento”, non invierà osservatori e “di conseguenza non commenterà né il processo né i risultati”.

Le proteste e la crisi economica – Nel corso delle proteste, organizzate dal Fronte di Salvezza Nazionale, coalizione di partiti e associazioni di opposizione, i manifestanti hanno marciato sull’Avenue Bourguiba, a Tunisi, brandendo cartelli rivolti a Saied con le scritte “vattene” o “il cittadino oppresso è più povero e più affamato”, secondo i corrispondenti sul posto. “Libertà, libertà, lo stato di polizia è finito”, cantavano per denunciare quella che opposizioni e Ong definiscono una deriva autoritaria da quando Saied ha preso i pieni poteri nel luglio 2021. La Tunisia sta vivendo una grave crisi economica, segnata negli ultimi mesi da ricorrenti carenze di generi alimentari di base (farina, zucchero, caffè) e da alti tassi di inflazione. Le difficoltà della Tunisia, strangolata da un debito di oltre 100 % del suo PIL e in declino economico da 10 anni, sono stati amplificati dalla crisi del covid e dalla guerra in Ucraina, che ha reso più costose le importazioni di cereali e idrocarburi, da cui è fortemente dipendente. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha annunciato in ottobre di aver raggiunto un accordo a livello di Staff con la Tunisia che consentirebbe il rilascio di un prestito di 1,9 miliardi di dollari, in cambio di un programma di riforme che il governo tunisino deve attuare. Ma l’esame della richiesta del finanziamento non appare più nel calendario delle riunioni del consiglio di amministrazione del Fmi. Nessuna versione ufficiale è stata fornita ancora dalle autorità tunisine. Secondo l’economista Aram Belhadj l’appuntamento sarebbe saltato perché il presidente tunisino Kais Saied non ha ancora promulgato la legge finanziaria per il 2023.

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